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Hillary Clinton sente sempre più il fiato di Trump sul collo

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Hillary sente sempre di più  il fiato di Trump sul collo. Dopo i recenti sondaggi di Gravis (che le da' due soli punti avanti a lui, 48 a 46) e di Quinnipiac Univesrity negli Stati ballerini (Hillary  avanti di un solo punto in Florida e in Pennsylvania ma dietro di 4 in Ohio) oggi e' il NBC-Survey a registrare il calo del distacco dai 5 punti di una settimana fa ai 3 attuali. La Clinton stravince tra i neri (84 a 9) e tra gli ispanici (65 a 28), ed e' solidamente in testa fra le donne per 15 punti. Trump e' preferito dagli uomini con un distacco di 11 punti, che sale a 14 tra gli uomini bianchi (53 a 39). Il dato forse piu' incoraggiante per il repubblicano e' pero' che vince tra gli indipendenti, di solito l'ago della bilancia nelle presidenziali: il 44% e' con lui, contri il 36% pro Hillary. Se nel faccia a faccia tra i due contendenti a regnare ora sono l'incertezza e un crescente equilibrio, specialmente dopo che Trump, nominato certo, si e' messo di buona lena a corteggiare i vertici del suo partito, dallo Speaker della Camera Paul Ryan ai senatori scettici, sul contesto politico-economico in cui ha luogo la sfida gli americani hanno invece una consolidata convinzione: secondo diversi sondaggisti, nell'ultimo mese, gli elettori interpellati sono d'accordo che “il paese va nella direzione sbagliata”. Per Rasmussen, Economist-YouGov e Reuters-Ipsos una identica percentuale del 68% dei votanti condanna il modo in cui il governo – Casa e Bianca e Congresso – sta guidando l'America. All'opposto, le percentuali dei votanti che promuovono l'attuale andazzo sono rispettivamente del 27%, del 23% e del 21%. Queste cifre documentano la rabbia e la voglia di cambiamento, anzi di ribellione contro Washington, che sono state la benzina che ha spinto Donald Trump alla vittoria della nomination repubblicana contro l'establishment del GOP. Sull'altro fronte, il rigetto generale della gestione corrente sta tenendo ancora bene in vita la corsa di Bernie Sanders, che ieri ha vinto bene in Oregon e ha costretto Hillary a spuntarla con il fotofinish in Kentucky. (Ad oggi il bilancio e' di 24 Stati vinti da Hillary e 20 da Bernie). Il senatore di 74 anni, si sa, e' nostalgico delle dittature sandinista, castrista e sovietica che lui, da socialista dichiarato, ha ammirato e sostenuto per una vita, prima di salire sul carro DEM per fare le primarie. Nell'America sbandata a sinistra da 8 anni di narcosi welfaristica e dirigista di Obama, il suo messaggio seduce (quasi) la meta' dell'elettorato DEM delle primarie e indebolisce la marcia della Clinton alla nomination, e la sua immagine come leader. La speranza concreta di Hillary, alla faccia del femminismo, e' di agganciarsi al treno dei due ultimi presidenti democratici. Di Barack deve ereditare la coalizione di neri, ispanici e giovani, rassicurando che lei sara' una Obama.3. Il presidente uscente ha un indice di approvazione che suona miracoloso, se messo in relazione allo scontento generalizzato nella gente che emerge dai sondaggi succitati sulla “direzione sbagliata” in cui va la nazione. La percentuale di chi lo promuove, secondo la media RCP dei recenti sondaggi, e' del 48,9%, mentre quella di chi lo boccia e' pari al 47,7% (i due numeri sono il risultato di tre sondaggi che hanno registrato meno elettori favorevoli che contrari –Rasmussen, Reuters e Economist-YouGov -  e di tre altri che hanno registrato piu' favorevoli che contrari – PPP, CNN, IBD). Barack riscuote ancora i dividendi della portata storica dell'essere stato il primo presidente nero, ma gioca anche l'immagine personale di ottimo padre di una famiglia-modello. Puo' sembrare cosa ovvia per un presidente, se si pensa alle figure personali, e alle rispettive famiglie, di un Reagan o dei due Bush padre figlio. Ma tra i Democratici non e' affatto scontato. Non a caso, alla “famiglia Obama” stanno dedicando un film giustamente laudativo, mentre Bill Clinton e JF Kennedy, per non risalire a FD Roosevelt, sono storie “vietate ai minori”. E, a proposito di Bill, lo sconforto di Hillary nel capire quanto ardua sia la sua impresa di recuperare terreno tra gli uomini, soprattutto tra i lavoratori di classe media e medio bassa, l'ha portata a dire, giorni fa, che il marito avra' un ruolo formale nella sua Casa Bianca. “Lo faro' rientrare dal pensionamento  e lo incarichero' di rivitalizzare l'economia”, ha detto, “perche' lui sa come si fa”. La poveretta non si e' resa conto della doppia gaffe in una sola frase.  Dire che l'economia “va rivitalizzata” e' ammettere che 8 anni di Obama non l'hanno fatto: il che e' verissimo, ma contraddice la tesi di voler passare per Obama.3 e di convincere gli obamiani a sostenerla. E se il marito, maschio e che l'ha fatta cornuta, e' il master dell'economia USA ed e' la sua ciambella di salvataggio per fare la cosa piu' importante in politica che evidentemente lei non e' in grado di fare, beh, questa non e' proprio la maniera per sventolare la bandiera delle donne e rivendicare il ruolo di “prima presidentessa”. Alle femministe, e a Obama, saranno cadute le braccia. Glauco Maggi 

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