La vera differenza tra democratici e GOP?I primi sono un partito vero, i repubblicani...
Che cosa sta insegnando la crescente spaccatura all'interno del GOP, parliamo dei vertici, dopo che Trump ha di fatto conquistato la nomination? E' la prova che nelle gare per la presidenza i Democratici sono in una lega molta diversa, e piu' professionale, dei repubblicani: sono in serie A, sanno fare squadra, giocano tutti per vincere. Il GOP e' in serie B, come Bush. Ieri Jeb ha seguito suo fratello George, e con una dichiarazione su Facebook ha annunciato che non votera' a novembre per Trump. Ha spiegato che non votera' nemmeno per Hillary, con cio' mostrando la coda di paglia che hanno gli ex dirigenti del partito repubblicano frustrati per essere stati sconfitti, anzi umiliati dal loro ex elettorato inviperito che ha preferito un outsider, proprio per cambiare pagina. Chi, come Mitt Romney che ha detto che non partecipera' nemmeno alla Convention di luglio a Cleveland, si rifiuta di accettare il verdetto del voto e fa sapere di volersi astenere in novembre, sa benissimo che cosi' facendo aiuta di fatto la Clinton, anche se assicura di non commettere l'estremo tradimento di votarla. Jeb e' stato subissato da migliaia di commenti ostili di gente che gli ha ricordato che la lealta' di partito e' indispensabile per sbarrare la strada alla Hillary, ma il danno fatto al GOP dalle prese di distanza dei NeverTrump e' enorme: e' tutto materiale per i democratici e per la stampa per soffiare, giustamente e goduriosamente dal loro punto di vista, sul fuoco di un partito avversario che non ha disciplina ma predisposizione alla sconfitta. I Democratici hanno sempre in mente, al contrario, l'obiettivo fondamentale in una democrazia a due partiti, cioe' che l'imperativo e' di non far andare alla Casa Bianca l'avversario. I DEM, e la grande stampa di fiancheggiamento che e' gia' scesa disciplinatamente in campo, puntano prima di tutta sulla demolizione del nemico. Usano proprio questo termine, come ha fatto Hillary in un dibattito. Alla domanda di chi fossero i nemici del Paese, dopo i terroristi lei ha messo “i repubblicani”. E l'efficacia della lotta senza quartiere che sanno condurre ogni quattro anno i DEM, obamiani o clintoniani o sandersiani che siano, e' dimostrata dai risultati: nelle ultime sei elezioni presidenziali, i democratici hanno avuto il maggior numero di voti popolari in cinque: due volte con Bill Clinton, due con Obama e una anche quando vinse George Bush nel 2000. Invece, a livello locale, il GOP se la cava benissimo, e non a caso oggi controlla le due Camere, ha 31 governatori su 50 e domina nella maggioranza delle legislature statali. Il fatto e' che, nelle campagne nazionali, un partito deve saper fornire di se' un'immagine che trasmetta un'unita' di intenti superiore alle sfumature, o anche spaccature, inevitabili che dividono i candidati e le diverse “anime ideologiche” che rappresentano. Su questo terreno, i Democratici hanno il giusto cinismo, ossia l'istintiva professionalita' nel sapersi turare il naso e nel votare per chiunque sia il nominato emerso dalla consultazione popolare, anche quando la giudicano, come nel caso di Hillary, disonesta, bugiarda, con un carico di scandali passati da fare scandalo, ed e' indagata dall'FBI. Sanders e' un socialista dichiarato, si e' iscritto ai DEM due anni fa per partecipare alle elezioni, ma ha gia' detto che non avra' dubbi ad appoggiarla, a votarla, e a farla vincere. Pur di non avere un repubblicano presidente. Che ora sia Trump potra' essere un vantaggio o uno svantaggio, si vedra', ma non e' questo il problema. Fosse stato nominato Kasich, il piu' moderato del lotto, o Maria Teresa di Calcutta convertita al liberalismo conservatore, non farebbe differenza. L'avrebbero osteggiata con tutti gli argomenti possibili, che e' quello che stanno iniziando ora a fare con Trump sfruttando le dichiarazioni dei suoi sfidanti sconfitti. Per il GOP la strada e' in salita, e la carta che gli resta e' la imprevedibilita' di Trump. Ha sbaragliato tutti e nessuno sa quale sara' il suo partito in novembre. Potrebbe stupire ancora, ma secondo le tradizionali letture della politica USA i DEM sono favoriti. di Glauco Maggi