Cattelan torna con un cesso d'oroTutto vero, si può anche usare
A volte ritornano, e danno il peggio di se'. Ci ricordiamo tutti di quando l'artista italiano Maurizio Cattelan, nel 2011, disse che sarebbe andato in pensione dopo il successo fastoso della sua retrospettiva al Guggenheim di New York. Ci fu chi tiro' sospiri di sollievo, pensando ai suoi “lavori” anti law& order che raffiguravano quei manichini di poliziotti della NYPD a testa in giu', e ci fu chi lamento' la perdita, sulla scena artistica, di una voce non convenzionale, indubbiamente fertile e capace di originale creativita'. Tutto normale. C'e' stata e ci sara' sempre dicotomia tra le sensibilita' dei tradizionalisti che reclamano attorno all'opera artistica il sigillo della maestria, della tecnica, dello sforzo per il bello come meta, Donatello e Van Gogh tanto per dire, e, sull'altro versante, le curiosita' smaniose e instancabili di chi s'avventura nei terreni della sperimentazione e della scoperta, i Picasso e i Pollock tanto per dire. In questa schiera d'innovatori strategicamente benefici (esplorare e' sempre sano) il primo rischio e' pero' la provocazione per la provocazione, con l'approdo alla trivialita', sempre discutibile e a volte disdicevole, per esempio quando sfonda nella blasfemia, che e' la scorciatoia dei liberal atei per colpire la cristianita': il famigerato sterco sulla Madonna esposto anni fa al Brooklyn Museum di New York, tanto per dire. Il secondo rischio e' la banalita', tipica dei bambini delle medie, di scherzare pesante con le immagini dei peni e dei culi sui muri dei gabinetti. Al Museo di Pittsburgh dedicato ad Andy Warhol si puo' “ammirare” una parete in lamina di ferro arrugginita dove una macchia opaca, ad altezza d'uomo, e' il risultato di pisciate d'autore. E sopra, al piano alto, c'e' un cubicolo che ricorda un confessionale ma invece e' un posticino riservato in cui si puo' guardare un video i cui protagonisti sono ragazzi che si masturbano: su un tavolino c'e' un rotolo di carta igienica, servisse al visitatore arrapato. La “merda d'artista” di Piero Manzoni, chiusa nel barattolo, fece scalpore a Venezia, alla Biennale, e parliamo di alcuni decenni fa. Ed e' addirittura di circa un secolo fa il tentativo di Marcel Duchamps, che non ebbe successo, di esporre un vespasiano, “La Fontana”, in una mostra a New York. Il terzo rischio quindi, nel terzo millennio, e' l'ennesimo plagio delle idee volgari del secolo scorso che sono fiorite sull'ormai trito albero della scatologia e dell'onanismo. E qui c'e' caduto il rientrante Cattelan. Dopo aver ammesso che, per lui, “e' piu' una tortura non lavorare che lavorare”, ha ideato una “scultura” che e' il formale abbandono del suo pensionamento: il water tutto d'oro, a 18 carati, replica di un normale cesso della Kohler, di quelli in servizio regolare nel Museo Guggenheim sulla Quinta Strada. Dai primi di maggio, entrando in uno dei mini-gabinetti per uomo-donna che si incontrano salendo la classica spirale interna del teatro, si avra' la possibilita' di usarlo. Ci si potra' sentire come Saddam Hussein, che aveva largheggiato nell'utilizzo del metallo pregiato nei gabinetti del suo Palazzo presidenziale. Oppure, perche' i liberal dimenticano spesso a casa il senso dell'umorismo, i visitatori saranno portati a collegare il water costosissimo (ma i curatori e Cattelan non hanno detto la cifra) alle immagini dorate tipiche della Trump Tower. Oppure a riflettere sulla diseguaglianza economica che affligge il mondo, da papa Francesco a Occupy Wall Street. E non sto scherzando. Sono proprio questi i nessi artistico-politici che vi vede Nancy Spector, la curatrice della futura installazione, tanto che li ha citati nell'intervista al New York Times (che nella sezione The Arts di oggi pubblica un articolo e una maxifoto del cesso): “Penso che la concentrazione della ricchezza e Occupy Wall Street entreranno nei discorsi del pubblico, e noi dobbiamo essere preparati per la reazione che la gente avra' nel vedere il water d'oro”, ha detto la Spector. E Cattelan ha aggiunto del suo : “C'e' il rischio che la gente pensi a cio' come a uno scherzo, forse, ma io non lo vedo come uno scherzo”. Ma che dici Maurizio…. e' una cosa serissima e io ti garantisco che lo prendero' per la cosa serissima che e', se mi “scappera'” la prossima volta che vado al Guggenheim. di Glauco Maggi