Gli ultimi sondaggi Usa e la telenovela distruttiva
Siamo quasi ai due terzi delle primarie e dei caucus che daranno le nomination entro tre mesi, e i sondaggi nazionali incorporano sempre di piu' il giudizio complessivo che gli americani danno all'andamento della corsa finora, e sono sempre meno un indicatore dell'esito delle singole sfide che restano. Donald ha un vantaggio di 20 punti nel sondaggio, tra i repubblicani in tutta America, di CBS News/New York Times, con il 46% contro il 26% di Cruz e il 20% di Kasich. Nell'altra rilevazione, di CNN/ORC International, il distacco sul secondo e' di 16 punti: Trump e' allo stesso livello, il 47%, con Cruz al 31% e Kasich al 17%. Il confronto al vertice e' sempre piu' semplificato, con tre concorrenti residui, e i risultati sono netti nell'indicare che il partito degli “anti Trump” e' testa a testa con Donald. Per CBS-NYT 46 a 46, per Cnn 47 a 48. Peccato, per i detrattori del miliardario, che tale “partito” esiste sulla carta ma non nella realta'. Se davvero il cosiddetto “establishment” fosse convinto della drammaticita' della situazione nel caso Trump dovesse essere il nominato, come e' stato possibile arrivare a questo punto? Con Trump che si avvicina al traguardo dei delegati necessari, primaria dopo primaria, e con il fronte degli avversari, anche se oggi e' ridotto a due nomi, che non trova una soluzione unitaria? Il fatto e' che Kasich, considerato il candidato piu' moderato, pragmatico, ragionevole (e in effetti la sua storia politica personale lo prova), pur non avendo alcuna speranza di vincere insiste nel rimanere in corsa. Calcola che cosi' facendo aumentano le sue chance di arrivare alla Convention con un certo numero di delegati, e di poter reclamare di essere lui il “prescelto” malgrado abbia avuto una ridotta fetta di sostenitori contro i milioni per Trump e per Cruz. E' una legittima strategia elettorale? Certo, ma e' pure la dimostrazione che Trump non e' poi quella calamita' che e' accusata di essere. E che con tutto il bla bla di mettere davanti il destino del paese, e del partito, in realta' i politici sono guidati dall'ego individuale, a costo di spaccare il GOP, e a costo di aprire a Hillary la porta della Casa Bianca. E' una banalita'? Sara', ma e' quella che aiuta a capire i comportamenti dei repubblicani oggi, al di la' dei loro proclami. Tornando alla cronaca elettorale, i sondaggi delle ultime settimane in Utah e in Arizona, dove si vota oggi 22 marzo, danno un pareggio 1 a 1 tra Trump e Cruz: il frontrunner e' davanti a Ted per 12 e per 14 punti nelle due rilevazioni in Arizona, mentre il senatore texano e' in testa con il 53% in Utah, davanti a Kasich con il 19% e a Trump con l'11%. I due stati del West sono importanti per la matematica dei delegati, perche' in Arizona chi arriva primo prende tutti i 58 delegati, mentre in Utah incassa tutti i 40 in palio chi prende oltre il 50% (se sta sotto quel livello, i delegati sono assegnati proporzionalmente a chi ha almeno il 15% dei voti). Se i sondaggi sono rispettati (ma bisogna tenere conto che quelli in Arizona sono stati tenuti prima dell'uscita dalla gara di Marco Rubio, che potrebbe avvantaggiare Cruz) Trump conserva le speranze di avvicinarsi, e forse superare, la soglia di 1237 della maggioranza assoluta. Ma anche Cruz, vincendo in Utah il suo decimo Stato, si sentirebbe legittimato nel reclamare il diritto ad una soluzione “contestata”, aperta, alla Convention di Luglio del GOP. La telenovela auto-distruttiva continua. Glauco Maggi