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Obama contro il Gop, la guerra per la successione al giudice della Suprema Corte morte

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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L'improvvisa scomparsa di Antonin Scalia, uno dei nove giudici della Corte Suprema, ha aperto una crisi politica nel “terzo potere costituzionale” – il giudiziario - destinata a dominare gli ultimi nove mesi della campagna presidenziale. Scalia, 79 anni, e' stato trovato morto in un resort del Big Bend National Park, nel Texas occidentale. Non era sceso per la colazione sabato mattina, e gli inservienti dell'albergo hanno fatto la tragica scoperta. Le cause della morte non sono state ancora ufficializzate, ma tutto lascia credere che sia morto nel sonno per cause naturali. Scalia era stato nominato da Ronald Reagan e per decenni aveva fatto parte dell'ala conservatrice della Corte, che ultimamente contava quattro giudici liberal, tre decisamente conservatori (tra cui Scalia, gli altri sono Samuel Alito e Clarence Thomas), il capo della Corte John Roberts (nominato da George W.Bush e ritenuto un conservatore, fino a quando non ha votato per due volte a favore di Obamacare) e Anthony Kennedy (anche lui nominato da Reagan, tendenzialmente conservatore ma diventato via via il “voto in bilico” della Corte). Con Scalia vivo, pensare che avessero una maggioranza affidabile di 5 a 4 era per i conservatori piu' una speranza che un fatto acquisito, viste le “defezioni” di Roberts e i frequenti voti altalenanti di Kennedy. Sull'altro fronte, invece, i quattro giudici di sinistra - Ruth Bader Ginsburg, Stephen G. Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan - sono sempre stati granitici nelle decisioni sulle questioni controverse. Si capisce dunque bene quale sia ora la posta in gioco. Se Obama, che come presidente ha il potere di nomina dei giudici, riuscisse nella selezione del sostituto di Scalia, il prescelto sarebbe un “fedelissimo” liberal dello stesso stampo delle due donne che Barack ha potuto nominare da quando e' alla Casa Bianca, Kagan e Sotomayor, e cio' sanzionerebbe una maggioranza ferrea a favore della sinistra. Ma il “se Obama riuscisse'' non ha in realta' una seria chance di concretizzarsi, perche' la stessa costituzione stabilisce, insieme al potere di scelta del presidente, anche il potere vincolante di ratifica che spetta al Senato. E, si sa, dal 2014 il controllo del Senato e' passato al GOP per 54 a 46 voti, con cio' conferendo al capo dei repubblicani in Senato, Mitch McConnell, il diritto-potere di stabilire il calendario dei lavori e dei voti, tra cui quello di ratifica della nomine presidenziali. E cosi' e' gia' iniziata la battaglia a colpi di dichiarazioni da entrambe le parti, Obama e McConnell, sui modi e i tempi della successione di Scalia. Obama, a cadavere ancora caldo, ha tradito la fretta di rimpiazzare il provato conservatore con un provatissimo liberal. “Ovviamente oggi e' il giorno per ricordare il giudice Scalia. Io ho il mio piano per assolvere alla mia responsabilita' costituzionale di nominare un successore a tempo debito. Ci sara' un sacco di tempo per me e per il Senato per assolvere alla sua responsabilita' di dare a quella persona una corretta audizione e un voto tempestivo”, ha detto sabato stesso Barack, qualche ora prima che iniziasse il dibattito serale su CBS tra i candidati repubblicani. Per quello che vale, gira gia' sui media un primo papabile, Sri Srinivasan, che Barack ha nominato nel 2012 giudice alla Corte d'Appello di Washington (DC). La guerra e' dichiarata, insomma, perche' McConnell non e' stato meno chiaro e spedito nell'esprimere le sue opposte intenzioni, che sono le stesse condivise da tutti i repubblicani: “Il popolo americano dovrebbe avere una voce nella selezione del prossimo giudice della Corte Suprema. Percio' questo vuoto non dovrebbe essere riempito fino a quando non avremo un nuovo presidente”, ha detto in un comunicato McConnell. E Charles Grassley, repubblicano e presidente della Commissione Giustizia del Senato che controlla il calendario delle nomine, ha confermato che e' d'accordo con il rinvio della procedura fino all'anno venturo, sostenendo che Obama ha gia' trasformato la Corte in un campo di battaglia politica, e che si deve chiedere all'elettorato di fare da arbitro. di Glauco Maggi

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