Hillary quasi presa da SandersTra i dem scatta il "ci salvi chi può"
Rispunta Joe Biden come possibile salvatore della patria Democratica, ed e' un ulteriore segno della disperazione che serpeggia nei ranghi del partito. La Reuters ha potuto leggere un fitto scambio di email tra donatori democratici avviati da un allarme lanciato da uno di loro, Bill Bartmann, in cui avvisa “tenetevi pronti a finanziarie il vicepresidente”, perche' “non possiamo permetterci di perdere la Casa Bianca”. Ha provocato insomma un prevedibile terremoto politico il sondaggio, di cui avevo scritto nell'articolo di ieri, che riportava la “notizia devastante per Hillary” sulla sostanziale parita' tra la Clinton e Sanders, che ormai l'ha quasi raggiunta (42 a 44). La convinzione che una nomination di Sanders sarebbe una jattura “perche' troppo di estrema sinistra”, e la declinante stella di Hillary stanno stimolando un “si salvi chi puo'”, e l'unico che “puo'” e' Joe Biden. L'eta' del vice di Obama, 73 anni, non e' un problema, visto che ormai il pubblico democratico e' rassegnato ad avere solo settuagenari tra i suoi alfieri: Sanders ne ha 74, e Hillary ne avra' oltre 69 il giorno delle elezioni. Biden rinuncio' a malincuore a correre, ma lo fece perche' al tempo sembrava impossibile che lui potesse superare la Clinton, coperta d'oro dai finanziatori e di fatto sola candidata con un vantaggio di 60 punti su Bernie. Anche lo scandalo del server e delle emai non sembrava drammatico come appare ora. La settimana scorsa una trentina di email non sono state rilasciate “in toto” dal dipartimento di stato, con la motivazione che erano tanto top secret da non poter essere solo “censurate”. Cio' sta facendo persino passare in secondo piano il fatto “tecnico-legale” della formale incriminazione. Quando hai 150 agenti dell'FBI che indagano su Hillary su un aspetto delicatissimo per la sicurezza nazionale, basta lo stillicidio di particolari, settimana dopo settimana, a garantire che lo scandalo durera' e avra' spazio sui giornali fino alle elezioni. E' ovvio che questo scandalo e' larga parte della perdita di credibilita' della “prima donna” presso l'opinione pubblica democratica, per non parlare di quella nazionale. Cosi', prima che sia troppo tardi, cioe' che sia irreversibile la marcia verso la nomination di Sanders, l'establishment del Palazzo DEM di Washington vuole drammaticamente giocare la carta di Joe. Le risposte all'appello di Bartmann sono largamente positive, e rappresentano una ridiscesa in campo del gruppo “Draft Biden 2016”, attivo fino alla formale rinuncia del vicepresidente nell'ottobre scorso. Gary Hindes, ex chairman del partito democratico in Maryland e' stato esplicito:”Conta su di me”, ha scritto a Bartmann. “Sanders e' troppo a sinistra e la Clinton potrebbe essere vulnerabile. Il mio cuore e' con Joe”. “Io sto finora alla finestra perche' il vicepresidente aveva deciso di non entrare in gara”, ha detto alla Reuters Patrick Baskette, consulente negli affari politici di Tampa, Florida, che aveva lavorato per Biden quando era un senatore. “Non e' che mi oppongo a Clinton o a Sanders”, ha spiegato, “ma penso che i due non offrano al futuro della nostra nazione le soluzioni che ha Biden”. E' il modo diplomatico per dire che, se vogliono vincere la Casa Bianca, i democratici devono cambiare i due cavalli che hanno adesso, e che solo Biden puo' farcela. Lo sfacelo nei DEM, se fosse Sanders ad affermarsi, potrebbe in verita' stimolare anche un'altra novita': la discesa di Mike Bloomberg come terzo incomodo. Ma a quel punto l'ex sindaco “indipendente” e moderato finirebbe per fare piu' male al fronte democratico che a quello repubblicano. di Glauco Maggi