Trump e Cruz grandi favoriti nel GOPMa c'è spazio per un terzo incomodo
Sono i due candidati piu' amati dai loro fans (e solo da quelli) ma anche i piu' odiati da tutti quelli che non li amano. Donald Trump, con il suo 34,8% nella media dei rating calcolata da RCP (Real Clear Politics), gode di un giudizio positivo dal 29% dei repubblicani, e di un giudizio negativo dal 58%. Ted Cruz, secondo con il 18,8%, e' visto bene dal 31% ma visto male dal 35%. Insieme, i due raccolgono circa il 53% delle preferenze espresse dai repubblicani interpellati fin qui nei sondaggi, ma sono lontani dal superare l' “esame-simpatia” generale. A meta' della campagna elettorale, che e' cominciata un anno fa e ha ancora nove mesi davanti, esiste quindi, oltre allo spazio matematico per l'emersione di un terzo incomodo, anche quello legato alle sfere politica e personale. Non e' un mistero che Trump sia un populista dalle qualita' mediatiche sorprendenti e dal passato di uomo d'affari di successo, ma il suo rigore come conservatore dai saldi principi e' inesistente, posto che a lui interessi davvero appiccicarsi quella etichetta: non a caso, la Bibbia dei conservatori, la National Review, gli ha “dedicato” la copertina con il titolone “Contro Trump”, e un editoriale-manifesto teso a squalificarlo presso il pubblico dei “puri”. Altrettanto vero, pero', e' che chi si autodefinisce “puro” senza sbavature, cioe' il senatore Ted Cruz, e' detestato personalmente dall'intera classe politica repubblicana di Washington. Per quanto ha fatto vedere di se' finora nel lavoro in Senato, infatti, una sua ascesa sarebbe vista come una jattura per le sorti del GOP nel voto di novembre. Uno per tutti, l'ex senatore repubblicano e candidato presidente nel 1996, Bob Dole, ha detto che “Cruz sarebbe un danno maggiore di Trump”. Se questo e' il contesto, insomma, e' azzardato credere che la gara si sia gia' ridotta al testa a testa tra i due. Se cosi' fosse, Trump avrebbe gia' vinto a mani basse. Ma non e' cosi'. Il piu' speranzoso a rientrare nel gioco e' il senatore Marco Rubio, che e' il terzo con l'11,6% di preferenze secondo RCP e il secondo (dietro Trump) nella classifica degli scommettitori che puntano soldi su chi vincera' la nomination. Ma non sono ancora fuori partita neppure gli altri tre del cosiddetto “blocco dell'establishment”: Jeb Bush, John Kasich, Chris Christie (Ben Carson, anche se ha l'8,8% di RCP, corre una corsa a se', fuori strada e senza speranza di vedere il traguardo). L'elettorato repubblicano tradizionale, che ha resistito finora alle sirene di Trump e Cruz, farebbe la firma ad avere uno qualsiasi tra Rubio, Bush, Kasich e Christie come sfidante di Hillary (e tanto piu' di Sanders, o di Biden). Ma finora la lotta fratricida tra i quattro polli che si beccano nello stesso recinto ha impedito l'affermazione di un gallo, dominante ed unificante. Il tempo stringe, e molto dipendera' dall'andamento del caucus dello Iowa, dove l'ultimo sondaggio di oggi della CNN ha visto Trump aumentare il vantaggio striminzito su Cruz che aveva finora. Nello Stato famoso per i maiali, ma che e' pure il piu' evangelico e conservatore, Cruz “must win”, deve vincere. Se perde, cio' spostera' gli equilibri fin dalla seconda primaria del New Hampshire, il 9 febbraio. I sostenitori del texano perderebbero morale da una sconfitta di Cruz nel suo territorio politico piu' favorevole, lo Iowa, e se alle spalle di Trump, sicuro primo in New Hampshire, dovesse balzare con un buon risultato uno dei 4 citati, scavalcando Cruz, quel qualcuno guadagnerebbe anche l'attenzione che i media darebbero alla “sorpresa”. Gli elettori che oggi sono per l'establishment, ma frazionati, potrebbero coagularsi attorno al nome emergente, e farlo diventare una seria alternativa a Trump. Il quale, si sa, ha tutto l'interesse ad avere invece come avversario Cruz, il cui potenziale di crescita per ”aggregazione” di altre forze “anti-Trump” e' sicuramente inferiore, se non inesistente. di Glauco Maggi