Il piano B degli anti-Hillary
Tra 10 giorni, il primo febbraio, c'e' il primo appuntamento reale, il caucus in Iowa. La fotografia della situazione, come e' percepita dai recenti sondaggi, e' chiara. Tra i DEM tiene banco il testa a testa tra Hillary e Bernie Sanders, nel GOP e' il duo Trump-Cruz a contendersi la prima vittoria. Ma la Nomination, che avverra' formalmente in estate con le due Convention, e' un campionato. Non e' affatto detto che tra i due Democratici super-favoriti di oggi ci sia gia' il vincitore finale, anche se la “griglia di partenza” e' il risultato di mesi e mesi di “allenamenti”, cioe' di dibattiti e di sondaggi. Lo stesso si puo' dire dei Repubblicani, come mostreremo trattando il futuro del GOP in un prossimo articolo. Oggi e' il turno dei DEM. Nel partito di Obama, la Clinton gode di un confortante vantaggio a livello nazionale sul senatore del Vermont, ma in Iowa e New Hampshire (dove la primaria avra' luogo il 9 febbraio) siamo al fotofinish. Nel primo Stato, dai 16 punti di distacco di cui godeva in dicembre la ex Segretaria di Obama e' scesa a 4 punti in media, e con un singolo sondaggio “anomalo”, fuorviante, che le da' ben 21 punti in piu'. Nel secondo, Sanders era gia' davanti in dicembre per 5,8 punti nella media RCP (Real Clear Politics), ma con i 5 sondaggi freschi di gennaio il suo vantaggio e' raddoppiato a 11,4%. Ma non e' solo questa difficile partenza che inquieta l'establishment democratico, convinto (a malincuore) che la Hillary resti la carta migliore per mantenere il controllo della Casa Bianca. A terrorizzare davvero e' la spada di Damocle dell'avviso di garanzia per lo scandalo del server privato (pratica illegale di per se'), che la Clinton usava quando era al Dipartimento di Stato. Se l'FBI, che sta indagando da mesi, decide di incriminarla per aver lasciato segreti di Stato “top secret” alla merce' degli hacker cinesi o russi nel suo computer non protetto, la sua carriera politica e' finita. E l'idea di avere Sanders nell'urna, per i DEM dei circoli dirigenti di Washington, e anche nella parte “conservatrice” o ballerina del Paese e' anatema. “Avere un candidato presidente che si e' identificato per decenni piu' come un socialista che come un democratico rende la partita politica per i posti in Congresso impossibile per i Democratici in uno Stato come il Missouri”, ha detto al New York Times la senatrice locale Claire McCaskill, che appoggia la Clinton. “E lo rende molto difficile anche in stati come l'Ohio, la Pennsylvania e la Florida. I Repubblicani non lo toccheranno perche' non vedono l'ora di fare spot televisivi con dentro la falce e il martello”. Insomma, con un rappresentante socialista non si vince, sono convinti, e quindi stanno preparando il loro il “Piano B”. B nel senso di Biden Joe, il vicepresidente che mesi fa non e' entrato in lizza, con la morte nel cuore, perche' la opinione prevalente era che Hillary sarebbe stata imbattibile. Ma adesso l'entusiasmo dei fans e dei giovani, i milioni dei finanziatori privati, e le relative percentuali di appoggio nei sondaggi, vanno nella direzione del 74enne rosso del Vermont. Obama puo' anche aver deciso di bloccare l'incriminazione di Hillary, qualora l'FBI la proponesse sulla base delle prove emerse. Che sono schiaccianti, a detta dell'Ispettore Generale indipendente dei Servizi di Intelligence, un giudice nominato dallo stesso Barack e confermato alla unanimita' dal Senato. Ma se allo scandalo legale, che si gonfia ad ogni uscita di notizie dal famigerato server della villa Clinton, si aggiunge il decollo sul campo delle speranze di Sanders, l'aria si fa troppo pesante. Ed ecco Biden. Ieri, al convegno dei potenti di Davos, ha parlato come un candidato: “L'America ha bisogno di una riforma delle tasse che sia anche piu' progressiva di ora, ma non confiscatoria. Non socialista”, ha detto con ovvio riferimento al programma del senatore “compagno”. In conclusione, i DEM faranno l'ostracismo a Sanders. Se ce la fa Hillary a batterlo, bene. Altrimenti, tra i due litiganti attuali, spuntera' il nome che oggi non c'e', Biden. di Glauco Maggi twitter @glaucomaggi