Ai Repubblicani i conti non tornano: cosa serve ancora per battere i Democratici
L'America appare come un ring dove domina la radicalizzazione politica tra i GOP e i DEM, a giudicare dai sondaggi per la primarie dominati da Trump-Cruz su un lato e da Clinton-Sanders sull'altro. Ma la realta' e' un'altra. Secondo Gallup, gli americani che si identificano con i Democratici sono stati l'anno scorso il 29%, la percentuale piu' bassa da 65 anni a questa parte, e un punto percentuale meno del 2014. Sono comunque sempre piu' numerosi dei sedicenti Repubblicani, che ora sono il 26%. La virata a sinistra di Obama-Clinton sta allontanando il partito DEM dalla sua tradizione: tra il 1951 e il 1987, i DEM non erano mai stati meno del 37% nel Paese. Nel 2015 la fetta di coloro che si sono definiti indipendenti si e' mantenuta saldamente in testa, con il 42% (rispetto al 43% dell'anno prima). Nel dicembre del 2008, un mese dopo la prima elezione di Barack, i sedicenti repubblicani erano il 26%, i democratici il 37% e gli indipendenti il 35%. Quattro anni dopo, a meta' del dicembre 2012, un mese dopo la sua conferma a presidente, i sedicenti repubblicani erano il 25%, i democratici il 38% e gli indipendenti il 35%. Gli spostamenti emersi recentemente nella generale disposizione del paese verso il centro della bilancia politica pongono dunque un evidente problema di eleggibilita' per i candidati che non hanno una solida capacita' di attrarre i voti degli indipendenti e dei moderati, due categorie di elettori che tendono ad andare in parallelo, anche se non si sovrappongono interamente. Malgrado il calo di appeal del marchio DEM, il problema sara' piu' grave per il GOP il prossimo novembre, se vincera' la nomination uno dei due candidati che oggi guidano il gruppo – Trump con il 34% di media nei sondaggi secondo RealClearPoltics, davanti al senatore Ted Cruz con il 20%. Negli Usa, come dice Gallup e come e' confermato dalle registrazioni nelle liste elettorali, i repubblicani sono circa il 5% in meno dei DEM, e quindi per vincere serve loro una solida maggioranza di favori raccolti tra gli indipendenti. Se si pensa che Mitt Romney non vinse nel 2012 pur raccogliendo il 50% dei voti degli indipendenti contro il 45% che ando' a Obama, si capisce che il prossimo candidato del GOP dovra' fare ancora meglio. E le premesse sono cupe nel caso di Trump e anche di Cruz. Nei tre piu' recenti sondaggi YouGov, il 43% degli indipendenti vede Donald “molto sfavorevolmente”. Quanto ai sedicenti moderati, solo il 17% (in agosto) aveva espresso una opinione “molto favorevole” su di lui, con il 47% che ne aveva una “molto sfavorevole”. “Ted Cruz non fa molto meglio”, ha scritto sul Wall Street Journal David Brady, professore di economia politica alla Scuola di Business della Stanford University e senior fellow del pensatoio Hoover Institution, in un'analisi titolata “Trump e Cruz hanno un problema al centro”. Solo tra il 13% e il 16% di indipendenti vedono bene Cruz, mentre dal 28% al 32% lo giudicano molto sfavorevolmente. In dicembre, con il 58% degli indipendenti e il 51% dei moderati che hanno dichiarato (sondaggio YouGov) che “non voterebbero mai per Trump”, il 41% degli indipendenti e il 47% dei moderati hanno detto lo stesso di Cruz. Sono ostacoli proibitivi. Hillary, che pure oggi sarebbe battuta in un testa a testa con Marco Rubio, puo' infatti vantare una migliore reputazione tra i moderati di Trump e Cruz: il 48% ha detto, in dicembre, che prenderebbe in considerazione di votare per la Clinton, 16 punti percentuali in piu' di Trump e 22 punti in piu' di Cruz. Il candidato messo meglio nel GOP, tra gli indipendenti, e' di gran lunga Rubio: il 37% potrebbe votare per lui, contro il 32% che non lo voterebbe. Tra i moderati, Rubio vanta un 35% di favorevoli e il 36% di contrari. Rubio e' solo il terzo repubblicano nella media dei sondaggi a livello nazionale, con l'11%, ma e' la carta migliore che ha il GOP se seriamente pensa di conquistare la Casa Bianca.