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Sapiens, un buon programma che richiede un'overdose di Xanax

L'ottima conduzione di Mario Tozzi e l'incubo della catastrofe climatica

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Sapiens sul climate change Foto: Sapiens sul climate change
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Frane di ghiacciai antartici e alluvioni come nei film catastrofici degli anni '70; la cerimonia funebre per la morte di un ghiacciaio in Irlanda; la Venezia sommersa in stile Atlantide; i deserti che diventano fornaci di sale. Tutto in Sapiens (Raitre, sabato ore 21.45) è attraversato dal brivido dell'Apocalisse futura. Solo che non è l'Apocalisse di Giovanni. E' l'apocalisse di Mario. Mario Tozzi. Se nella versione di storico-sociologo televisivo Tozzi risulatava Fuori-luogo (suo vecchio programma), come geologo rimane un artista della divulgazione. Cosi, nella puntata del suo programma dedicato ai cambiamenti climatici, Tozzi che parte da un quadro di Delacroix e finisce sulla battuta di un comico (“tu chiamale, se vuoi, emissioni”), riesce senz'altro ad attirare l'attenzione dello spettatore medio già intristito nell'ubiquità di Greta Thumberg. Sicché Tozzi si divide tra collegamenti da studio e reportage. Prima lo vedi in Norvegia, in canoa o a piedi tra accumuli nevosi e rumori sordi “che aprono crepacci e rilasciano iceberg”; è lì, eccolo arrampicarsi sul ghiacciaio più grande d'Europa “che serve a misurare il clima: tanti più ghiacci persistono tanto più lento sarà l'aumento delle temperature”. Poi Tozzi, l'eloquio mitragliato tra Mentana e Piero Angela, fa una capatina in Svizzera e sui ghiacciai di Stelvio e Mandrone, dei quali compara le misure (rispetto a una rilevazione fatta da lui stesso nel 2003 nella trasmissione Gaia), e ne certifica l'inevitabile sparizione. Poi il prof sposta l'attenzione sulla desertificazione dei terreni agricoli nel North Carolina. Poi va a Pisa a spiegare che se, continua così, tra 30 anni tornerà ad essere una repubblica marinara. Infine, egli attraversa il Sahara e parla dei “135 milioni di profughi ambientali cioè legati al cambiamento climatico o all'esaurimento delle risorse”. Nel mezzo del racconto, un tripudio di interviste e di grafiche che indicano le zone d'Italia prossime all'inabissamento; e lì, io, vedendo sparire la Pianura Padana, un tantinello mi angoscio. In coda al programma –interessante ma troppo lungo: 1 ora e 55 di catastrofi è eccessiva- l'evangelista della salvezza climatica suggerisce delle soluzioni: azzerare le emissioni, sequestrare l'anidride carbonica, salvare la Terra  “come abbiamo fatto col buco dell'ozono”. Sapiens è ben fatto. Controindicazione: dopo averlo visionato urge overdose di Xanax…

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