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Speciale Atlantide A un passo dalla guerratra gran giornalismo e un piccolo fake

L'ottimo programma di Purgatori scivola un po' su un videogioco

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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A un passo dalla guerra Foto: A un passo dalla guerra
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Nell’uragano mediatico che le cronache del Medioriente stanno scatenando sui palinsesti di questi giorni, la produzione più avvincente resta senz’altro quella dello speciale Atlantide (La7 mercoledì prime time) “per la prima volta in diretta”. Il barbone patriarcale e le borse sotto lo sguardo del conduttore Andrea Purgatori mi ricordano i vecchi telefilm noir presentati da Orson Welles negli anni 70. E i contenuti giornalistici che indagano nei due conflitti -Iran e Libia- rendono il programma A un passo dalla guerra una solida certezza di professionalità. Purgatori ti spiega con freddezza la situazione politica, gli attacchi, la strategia mercuriale di Trump, le folle inferocite che ululano alla rappresaglia contro gli Usa, i lanci di missili iraniani (“ma i nostri soldati sono rimasti tutti illesi perché sono riusciti a salvarsi neil bunker. E’ un attacco costruito per non far troppo male”) . Lucio Caracciolo di Limes rimarca che, in quel delirio geopolitico, nulla è ciò che realmente sembra. Alan Friedman ci informa che il tutto è finalizzato alla strategia elettorale americana. La brava cronista Francesca Mannocchi introduce un suo reportage dal sesto piano di un palazzo nella Baghdad devastata: moto tra le macerie, clochard in strada, squadroni della morte che da qui scaraventano uomini anziani, stuprano donne, sgozzano ragazzi che protestano. E c’è anche un video inedito “abbastanza impressionante” sul trasporto delle bare del generale Soleimani e dei suoi soldati tra i passeggeri di un normalissimo aereo di linea. Tutto ok, dunque. Compreso l’ascolto, 3,5% di share con picchi di 1,3 milioni spettatori, buono dati argomento e concorrenza. Ma c’è un ma. Ad un tratto Purgatori introduce come “filmato inedito” l’uccisione di Soleimani dal punto di vista di un drone, “somiglia molto a un videogioco, ma non è un videogioco; è esattamente il modo in cui è stato ucciso il generale”. Segue spiegazione accurata “dei soldati che fuggono, del drone che li segue uno ad uno”. Peccato quello fosse un falso video e un vero videogioco, l’ AC-130 Gunship Simulator. Purgatori, a chi gli ha fatto notare la gaffe via twitter, ha risposto di sapere tutto e di essersi spiegato male. Ecco, lì serviva un po’ di umiltà, occorreva dire: “ scusate, abbiamo fatto una cazzata, capita, chi non fa non sbaglia”. E si chiudeva lì, senza finire alla gogna dei social...   

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