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Quel "Clandestino" nel cuore oscuro della mafia d'Albania

Un bellissimo reportage di David Beriain

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Partita di droga Foto: Partita di droga
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David Beriain, all'apparenza, è un rubizzo spagnolo con una lanuginosa barba rossa, che sembra uscito da un fumetto di Asterix. In realtà trattasi di uno straordinario cronista in grado di penetrare in punta dei piedi nei mondi più cruenti della criminalità organizzata. Per esempio, l'altra sera, col suo programma d'inchiesta Clandestino-Albania, Mafia e vendetta (Nove, mercoledì prime time), Beriain è scivolato a passo lento nelle viscere dell'inferno. Il reportage sulla mafia albanese (la più crudele: “le altre mafie sono più civilizzate qui uccidere non fa né caldo né freddo, anche se non ci guadagnano niente”, racconta uno dei tanti intervistati a volto coperto) inizia di notte su una spiaggia italiana con uno spacciatore che aspetta il suo carico di cocaina settimanale, solo una parte delle 2,5 tonnellate di droga esportate dagli scafisti di Tirana. Tra scene di natura lussureggiante e tranche de vie oltre la giustizia e la morale, Beriain s'infila nel “paese più enigmatico situato nel cuore d'Europa, dove il 40% delle popolazione è in cerca di opportunità ai margini delle legge”;. E, per lo spettatore, è davvero una fucilata al cuore. Il cronista, con rispetto degli interlocutori ma soprattutto della notizia, intervista una madre costretta a tenere rinchiusi i propri figli in casa per via del Codice della “vendetta di sangue” risalente al XV° secolo dove se commetti un errore condanni te e tutta la tua generazione di figli maschi i quali, per tutta la vita, appena mettono il naso fuori vengono ammazzati. Poi passa a pescatori che riempiono di nitrato bottiglie di birra e ne fanno esplosivi.  E fa una bussata a famiglie intere che raffinano la marijuana (“3 kg qui costa 2500 euro, poi va alla camorra italiana che la rivende al triplo”) in chalet di montagna, sotto gli occhi della polizia corrotta. E incontra un ferocissimo killer mascherato -l'intero cast del documentario è una sfilata di passamontagna- che, dopo avere ucciso a 16 anni l'assassino di suo padre vive come una bestia ingoiando omicidi a pagamento : “Quando vai a dormire cosa sogni?” , gli chiede il giornalista e quello gli risponde pure. Infine, Berriain quasi cazzeggia con un altro spacciatore, napoletano, col quale partecipa alla ricezione di una partita di eroina. Più che un grande pezzo d'inchiesta Clandestino, per come è girato e scritto, sembra un film d'azione. Ma ci illumina sul nostro porco mestiere…            

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