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"Come figli miei", storia di una preside coraggiosa

Il servizio pubblico (ancora una volta) dei Dieci comandamenti

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Eugenia Carfora, uno studente e Ianna Foto: Eugenia Carfora, uno studente e Ianna
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La professoressa Eugenia Carfora, preside dell'istituto alberghiero Morano di Caivano, provincia sperduta di Napoli è un'educatrice provvista di una cocciutaggine al tungsteno. Come quegli eroi invisibili dei film anglofoni alla prof Keating o alla Mr.Chips, la prode insegnante ritiene che la buona scuola, più che nell'idea astratta d'un progetto di legge, stia nella concretezza di un progetto di vita. Sicché, una volta accertatasi che dei 790 studenti iscritti al suo istituto, meno della metà frequentavano regolarmente le lezioni; e che, in seguito su 380 effettivi circa 90 sono evaporati nell'aria mefitica dell'arruolamento camorristico su strada, be', la preside non ci ha visto più. E, sfidando le organizzazioni criminali del territorio -che su quei ragazzi abbandonati da Dio esercitano un fascino guascone e luciferino- la signora è scesa tra i bassi e le grida di un'umanità rarefatta. Questo suo gesto è stato esaltato, con passo cinematografico, da Domenico Iannacone nel documentario Come figli miei (nei Dieci comandamenti, Raitre, sabato ore 21.40). Spiazzante è stata la descrizione della prof riguardo alla propria missione impossibile: “Esco subito, comincio a girare per i bar, vado a cercarli, a chiamarli uno per uno, vado loro incontro quando li vedo in fondo al marciapiede” diceva, aggiungendo che “poi una volta che suona la campanella e i ragazzi sono dentro, l'ansia mi passa e sono certa di poter fare qualcosa per loro. Cerco di far capire che ogni azione ha una conseguenza: arrivi in ritardo, chiamo la famiglia, non hai consegnato il cellulare, veniamo a chiedertelo…”. Ogni scugnizzo irredento, estratto dal gorgo sociale dell'abbandono scolastico, qui, diventa “come figlio suo”. Ora non starò qui ad evocare la serietà del tema che mi appassiona da una vita, attraverso un'educazione sentimental -letteraria che spazia dai Ragazzi della Via Pal di Ferenc Molnár fino a Hey Prof!, il misconosciuto diario del premio Pulitzer ex docente Frank McCourt tra le scuole più scrause di New York. Né tornerò ad applaudire il talento narrativo di Iannacone, che do per scontato. Mi limito ad osservare che la Raitre di Stefano Coletta, nonostante qualche scivolone in fase di rodaggio, sta fornendo servizio pubblico alla Rai (altra bella idea è Dottori in corsia). Uno dice: fa semplicemente il suo dovere. Vero. Ma alla stessa ora, col Portobello di Raiuno, non ho avuto, per dire, la stessa sensazione…

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