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Portobello, un inappropriato deja vu

Il remake dello storico programma di Enzo Tortora si affloscia

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Un Portobello faticoso Foto: Un Portobello faticoso
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Del leggendario, variopinto, ecumenico Portobello di Enzo Tortora, il maledetto pappagallo era l'elemento per cui avrei usato il lanciafiamme. Per me bambino, quel pennuto era un robot dispotico e ingovernabile. Per chiunque cercasse di farlo parlare provavo moti di compassione; per questo, ora, nel remake del programma (Raiuno, sabato, prime time), ho provato angoscia per Arisa, per Carlo Verdone, persino per quell'undicenne che invece di perdere il suo tempo su Youtube o sui Pokemon si preoccupa di organizzare conferenze di ornitologia. Ma forse il mio imbarazzo non era solo per gli ospiti di Portobello. Era per l'intero progetto. Resuscitare, oggi, nel mondo globalizzato del web, uno dei più grandi format del dopoguerra nato dopo gli anni di piombo nell'Italia dei campanili solo per contrastare Tu si que valès della De Filippi è -ammettiamolo- una paraculata galattica.  Nella mia memoria infantile Portobello era l'ironia del grande Tortora che si scontrava con toreri italiani disoccupati, signori che volevano spianare il passo del Turchino per far sfiatare la nebbia in Val Padana, reduci dalla Russia che ritrovavano le ex fidanzate. Qui, negli studi milanesi della Rai, c'è un inventore col pizzo (non un ingegnere, “terza media con difficoltà”) che vorrebbe raddrizzare la torre di Pisa “di 2, 47 metri dall'asse”; un nonno scultore che accrocchia un triciclo per gemelli; un parrucchiere professionista napoletano che dona tagli ai bisognosi chiedendo un locale idoneo, mentre l'inviato Paolo Conticini allestisce, da Napoli, una grande barberia all'aperto. E, a condire il tutto, ecco irrompere un suonatore d'organetto trentenne, poeta “grazie alla maestra delle elementari”, il quale inaugura la sezione “Fiori d'arancio” alla ricerca disperata di una “donna single fra i 26 e i 33 anni”. Ecco, questa roba qui. Ora, d'accordo, il “centralone” delle mille telefoniste - dominato Carlotta Mantovan vedova Frizzi al posto di Reneè Longarini- registrerà pure, per ogni “inserzionista” “400 chiamate ogni 5 minuti”. Ma registra pure soltanto il 20% di share rispetto al 28% della De Filippi. Al di là della conduzione, pur volenterosa di Antonella Clerici, Houston abbiamo un problema. Che è semplicissimo: la gente, perfino gli over 50 target di Raiuno, si è un po' stufata di vedersi rovistare nei ricordi da autori sempre più privi di idee…    

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