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Le mille sigarette di Schiavone lo sbirro

La nuova serie sul poliziotto di Giallini

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Vicequestore con sigaretta Foto: Vicequestore con sigaretta
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LE MILLE SIGARETTE DI SCHIAVONE LO SBIRRO  “Quanno Rocco te invita a cena vuor dì che c'è qualche cetriolo volante in arrivo…”. Così, in un romanesco molto in stile Er Monnezza anni 80 -ma con una regia sopraffina in stile Christopher Nolan anni 2000- un amico del vicequestore Rocco Schiavone (da cui la serie omonima, Raidue, mercoledì prime time e RaiPlay) preannuncia alla moglie un'indagine spinosissima. Schiavone lo sbirro stavolta lavora in flashback, raccontando in un drammatico interrogatorio confezionatogli dai superiori, la propria vita romana prima di essere stato degradato per modi- diciamo- troppo maneschi, e trasferito in Val d'Aosta; e dopo una cresta, confessata alla moglie, fatta sul sequestro di una partita di droga. Diciamo non il massimo per un irreprensibile servitore dello Stato. Schiavone a Roma è Bogart a New York: sguazza nel suo ambiente naturale. Indaga su una partita di stupefacenti caricata dentro statuette importate dal Messico; incoccia in due cadaveri di ragazzini col cranio trapanato per avere cercato di fregare la mafia nigeriana; consuma le sue strategie investigative durante le cene con amici truzzissimi che ingollano pasta all'amatriciana in quantità industriali e fotografano le escrescenze della mala locale (viene evocato un magnaccia chiamato “Giggi er cesso”). In più, c'è il rapporto appassionato con la moglie restauratrice; la quale, prima di essere ammazzata, spiega al marito la metafora della loro storia davanti all'affresco dell'imperatrice Teodora. Come la prima serie, anche il prequel di Schiavone è avvolto da poesia antica, oltre che dal fumo di mille sigarette e da un florilegio di imprecazioni che finiscono sempre in un “Hai rotto il cazzo”. Nel personaggio interpretato da Marco Giallini ci vedo sempre Marlowe, e pure il commissario Ingravallo di Gadda, o, appunto Thomas Milian quando bazzicava le questure della Garbatella. Schiavone, poi, è il poliziotto che si fuma tutto - compresi gli spinelli all'alba, “la preghiera laica del mattino”- ; al punto che, quando lo rimproverano d'accendersi l'ennesima Marlboro “guardi che qui non si fuma”, lui risponde: “Lo so, ma la situazione qui è tesa”. E in quel momento un nigeriano fuggiasco ha appena sventrato un suo collega. Proprio mentre Schiavane sventra l'audience:3 milioni e 172 mila telespettatori e il 13,9% di share. Altro che la polizia ha le mani legate…    

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