Sabina Guzzanti contra la tv (che non la vuole)
Ascesa e caduta di una comica
Ammazza, che cattiva maestra, la tv orfana di Sabina Guzzanti (sostiene Guzzanti Sabina). «La tv non mi manca professionalmente perché mi piace molto fare cinema. Oggi non la guardo perché non ci sono molte cose che mi interessano. È noiosa e quindi possibilmente non vorrei starci dentro, oggi...»: c'è qualcosa di mesto, di incauto, un gesto di sfribrata irruenza, nelle parole con cui l'ospite Sabina Guzzanti ha inaugurato il Lucca Film Festival e EuropaCinema 2018. Guzzanti, ribadendo lo sdegno, ha sospirato per la mancanza di «televisione di qualità» (sottinteso: quando c'ero io era un'altra cosa), e ha annunciato di divertirsi di più girando un documentario sul «movimento Potere al popolo», e di ciò siamo convinti. Ora, a parte l'irriconoscenza verso il piccolo schermo che la lanciò nell'empireo della satira (formidabili la sue imitazioni ai tempi dell'Ottavo nano o Avanzi, epoca Dandini), l'uscita della Guzzanti si staglia come il canto del cigno di una grande comica affondata nella rabbia e naufragata nel livore ideologico. Perché non è la Guzzanti a non volere più la tv, ma la tv ad averla definitivamente espulsa dopo varie e sofferte prove d'appello. Parliamoci chiaro: Dopo Raiot (2003) distillato di odio antiberlusconiano scritto col futuro eurodeputato Sel Curzio Maltese, Guzzanti non ne ha più azzecata una. In tv ha chiuso col flop di Un, due, tre, stella a La7 (ultima puntata 2,8%), programmino che ha avuto come unico merito quello di valorizzare la sorella Caterina, più fresca e più satiricamente predisposta. Allora, non trovando sponda nei vertici Rai e La7 -tutti, nel frattempo cambiati- , nel 2015 Sabina s'inventa un nuovo modo per «per rappresentare il pessimo stato di salute del mondo dell'Informazione in Italia»: cioè il Tg Porco- Informazione e Vendetta, più vendetta che informazione, a dire il vero. A parte qualche imitazione tipo Boschi, Meloni, Serracchiani, il solito D'Alema l'esperimento non è elegantisismo, e scuote le folle. Anzi, lo si ricorda come l'ennesima seduta psicanalitica con cui la Guzzanti avvilisce gli estimatori d'un tempo. Ma nemmeno al cinema -suo odierno nido dell'anima- le cose le sono andate benissimo. Viva Zapatero, Le ragioni dell'aragosta, Draquila, tutti i suoi film «d'impegno civile» rimangono un faticoso incontro di boxe con gli spettri di un futuro politico che evidentemente Guzzanti non riesce a realizzare: «Ho sviluppato una vera e propria avversione per la comicità», confessa, infatti, la signora, a Santoro durante Servizio Pubblico mostrado il lato da pasionaria extraparlamentare. E, in effetti, nelle varie tornate elettorali, la sinistra ha candidato cani e porci, ma mai nessuno che avesse sussurrato il suo nome... Da lì, per l'ex Tina Fey d'Italia, è stato un continuo nutrirsi e ingolfarsi di sarcasmo e cattiveria fine a se stessa. Come quando insulta il Papa, o afferma che «i traditori delle istituzioni sono peggio dei mafiosi» alla Riina, o attacca la Fallaci divorata dal cancro che le dà dell'«oca crudele che mi impersona con l'elmetto in testa e deride la mia malattia» (cerca di metterci una pezza, ma le riesce malissimo). Ci si mette anche la truffa subita dal «Madoff dei Parioli». Per non dire del documentario sulla trattativa Stato-Mafia, La trattativa, un bagno di sangue nel quale ci perde 50mila euro. È un destino crudele, quello di Sabina, la grande satirica che tutti abbiamo amato: più si incazza, più s'intorcina, più la sfiga la tocca. Oggi ha perso la grazia del palco cedendola all'odio verso il resto del mondo; e riservando il suo sorriso solo agli adepti della propria setta. Peccato, perchè aveva un sorriso bellissimo...