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Il caso di Anzaldi contro Caschetto e gli agenti delle tv

Grandi manovre in Rai

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Beppe e i suoi fratelli Foto: Beppe e i suoi fratelli
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Ammazza 'sti americani. Un articolo dell'illuminata normativa che regola i contratti audivisivi in California recita: «Il codice del lavoro specifica che un agente di spettacolo non può indirizzare l'artista che rappresenta in alcun contratto nel quale una società di cui l'agente è titolare abbia un interesse economico». Michele Anzaldi, il tignoso, gogoliano ispettore generale che si aggira dai corridoi Rai a quelli della Commissione Vigilanza, dopo la fiera opposizione sul «tetto» degli alti stipendi, cerca di mutuare per la tv di Stato la legislazione californiana. Mi correggo. Più che un eroe di Gogol, Anzaldi è come The Punisher dei fumetti: con l'ossessione di un reduce del Vietnam ha in testa l'eliminzione sistematica, a colpi di kalashnikov (messaggio per Fazio: è una metafora, Fabio...) degli agenti di spettacolo, rei di «manipolare il mercato tv». In particolar modo, The Punisher ce l'ha col bolognese Beppe Caschetto eminenza grigia dietro i palinsesti di Rai e La7 (il collega Lucio Presta troneggia a Mediaset: un'igienica divisione di poteri). È Caschetto - con abilità negromantica tra lo sciamano e il sindacalista Cgil- che ha genialemente perfezionato il contratto milionario di Fazio. È Caschetto che si materializzava al settimo piano di viale Mazzini ora come Babbo Natale o come lo spettro della vendetta. È Caschetto che incide, da anni, sulle decisioni dei poveri direttori di rete fragili fuscelli avvinti ai capricci delle star. Ed è, appunto, per eliminare lo «strapotere degli agenti» che Anzaldi sta preparando un «documento di indirizzo «per evitare conflitti di interessi nei rapporti con gli artisti e i loro agenti, che possano comportare ingiustificati benefici e sprechi di denaro pubblico». In soldoni, se entrasse in vigore la «dottrina Anzaldi», gli agenti sarebbero costretti a limitare il mercato delle vacche degli artisti. Che funziona così: si piazza l'artista di punta che è capofila di un «pacchetto» che prevede artisti minori della stessa scuderia. I minori, attratti nell'orbita del contratto dell'artista di punta, vengono, dall'agente, piazzati in altri interstizi del palinsesto. Non so se la dottrina Anzaldi passerà. Ma di certo mi fugherà molti dubbi sui misteri della tv. Prendete il Giletti misteriosamente trombato, in contemporeanea con l'operazione di Fazio, da Domenica in. Al suo posto, la brava Cristina Parodi. Ma indovinate chi è l'agente della Parodi?...

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