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L'incesto ad alto ascolto di Montalbano

La nuova serie del Commissario

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Lodovini e Zingaretti Foto: Lodovini e Zingaretti
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La vecchiaia è quella stagione della vita in cui «la civetta di Minerva -la saggezza- vola crepuscolo», dicevano. Può avvenire, però, che chi era già saggio decida di darsi una botta di trasgressione, giusto per uscire dalla routine. È il caso di Andrea Camilleri con Un covo di vipere (Raiuno, lunedì prime time), primo episodio della nuova serie del Commissario Montalbano. Per capirci: la fiction ha fatto 10.674.000 spettatori, pari al 40.8% di share, roba da Festival di Sanremo o finale di Champions, è tecnicamente inattaccabile. Però la tematica affrontata è un tema euripideo in un finale spiazzante, che esce dalla narrazione. La storia si incentra su Cosimo Barletta, un imprenditore benestante con più amanti che conti correnti; e morto ammazzato mentre era in procinto di rendere sua erede universale un studentessa universitaria più giovane della figlia che gli si concedeva a spizzichi e bocconi («Avevo bisogno di soldi per pagarmi gli studi...», la sua giustificazione. Meno male che non ho figlie femmine). Poi c'è il solito ecosistema montalbaniano contornato dalle nuotate nel limpido mare, dal frinire dei grilli e dalle auto a gasolio molto anni 80. L'ecosistema consiste in: storie di strozzinaggio nella glabra campagna sicula; giri di prostitute insospettabili; un medico roso dai complessi di colpa -per aver ucciso un bambino- dedito al barbonaggio e testimone di un omicidio; nella fidanzata del commissario (bravissima Bergamasco) ingelosita dalla figlia del morto (Lodovini, bravissima e clone di Monica Bellucci negli spot di Dolce & Gabbana); e nella figlia del morto che si disvela come amante stessa e assassina del padre. Assassina per gelosia. E per amore. «Anche se torbido, mostruoso, inconcepibile, degenerato, cresciuto in un covo di vipere, pur sempre una forma d'amore è» fa dire Camilleri nel triste finale a Salvo, a passeggio sulla spiaggia di Vigata. Ed ecco la novità assoluta nel racconto di Camilleri: l'incesto espediente narrativo, deragliante nella tracciabilità del delitto. In tarda età Camilleri si abbandona alla sperimentazione. In altri casi,, come nel romanzo Noli me tangere sperimenta nella tecnica, utilizzando solo i dialoghi, come se il racconto fosse un'unica soggettiva cinematografica. Qui, nel Covo di vipere, sdogana un tabù sociale. I cattolici si sono incupiti. Ma su Montalbano rimani incollato...

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