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Gender, una rispettabile noia accademica

Il programma scientfico transex di National Geographic

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Trans e scienza Foto: Trans e scienza
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A 'sto punto, preferisco Luxuria. «Che accade se vostro figlio ha i tratti anatomici sia di un maschio che di una femmina?». Che accade? Se lo chiede, con sorriso allo sciroppo d'acero, la giornalista americana Katie Couric, bionda, eterosessuale, giunco d'acciaio che pare uscita da uno spin off ultrafmminista della serie tv Mary Tyler Moore Show (abbondantemente citata). La sua domanda è l'incipit di Gender, la rivoluzione (National Geographic, canale 403, stasera prima serata), indagine assai  obamiana sull'identità sessuale che il canale più scientifico del mondo fornisce ai suoi telespettaori spiazzati dal neo-machismo dell'era Trump. Katie analizza il mondo dei transgender americani col rigore dell'analista che incontra scienziati che ti stordiscono a botte di radiografie sull'«ipotalamo di uomini gay»; e che ti spiegano che «in realtà la situazione sull'identità sessuale è notevolmente più complessa».   Katie, che assomiglia anche alla senatrice Cirinnà, s'impegna. E  racconta la storia di Diane, divenuta uomo con l'aspirazione di cavalcare come John Wayne; o di Michaela,  transessuale con catena di ristoranti a Los Angeles e che ha assunto molti transgender nei suoi locali; o di Messy, ginecologa ex maschio che si batte per normalizzare il cambio di sesso. Katie entra perfino all'università di Yale, dove i liberal si battono alla morte per l'istituzione di bagni transex. Il documentario è ben confezionato, ovviamente. Ma soffre di tre pecche fondamentali. A) È molto di parte e manco si sogna di ascoltare una voce dissenziente (la cronista Mary Tyler Moore non l'avrebbe mai fatto); b) è tutta roba che in Italia abbiamo visto e stravisto, tra i documentari di Discovery, le prime e terze serate di Raitre, i procami oramai decennali della sinistra, i manifesti Lgtb : c)   due per spiegare il deja vu due ore sono eterne. Alla fine ti commuovi ma col cavolo che capisci la differenza fra un transgender, un trans o una lesbica. Una bella noia accademica, lo definirei. E davvero,  non fosse ancora all'Isola dei Famosi, chiederei lumi a Vlad Luxuria...

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