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Quell'intervista in chiaroscuro ad Erdogan

Lucia Goracci e il sultano su Rainews24

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Goracci con Erdogan Foto: Goracci con Erdogan
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I figli so' piezz'e core, anche per i sultani non autorizzati. «Questa vicenda potrebbe mettere in difficoltà le nostre relazioni con l'Italia che dovrebbe occuparsi della mafia, non di mio figlio...», ha dichiarato, con un tono d'alluminio e saette nello sguardo, il presidente turco Erdogan a Lucia Goracci, nella mitica intervista esclusiva mondiale  a Rainews24. La Goracci se ne stava rigida, piantata nella poltrona davanti al sovrano, rigorosamente in giacca e pantaloni, in un corridoio di  passi perduti, con due tavoli da seduta spiritica come unico ornamento scenico. E la domanda che la cronista faceva ad Erdogan ne riguardava il figlio maggiore Bilal coinvolto, secondo la Procura di Bologna, in un'enorme affare di riciclaggio. Ora, la Goracci è una sorta di watchdog, di cane da guardia della notizia, parla un arabo (ci dicono) fluido, ed è una dei pochi inviati di guerra che accende i suoi collegamenti non dalle terrazze degli hotel ma dalla strada, tra i corpi feriti e le voragini di mortaio.  Non v'è il minimo dubbio sulla sua tenace professionalità.  Non che Erdogan, nella sua supponenza, l'abbia notata molto. L'intervistato  ha ironizzato sull'Europa, sostenendo che mentre a Parigi, per qualche vittima, sono andati tutti, ad Ankara dopo «il golpe contro la democrazia» non è andato nessuno. Si è permesso critiche feroci  contro Federica Mogherini, ha paragonato Gulen alla P2 (aveva pur sempre cone interlocvuyrice un'italiana). Ha poi pronunciato la frase più odiosa «senza visti salta l'accordo sui migranti» con tutta la sua arroganza che puzza di ricatto. Da collega della Goracci l'intervista mi ha insufflato due sentimenti opposti. Il primo è: viva lo scoop che ha fatto il giro del mondo, e viva chi l'ha servito, rivelando ancora una volta al mondo di quale brutta pasta siano fatte le testine di vitello. Il secondo sentimento è, però,  di mestizia.  Quel faccia-a faccia, sotto forma di «intervista esclusiva» ma concordata minuziosamente in ogni forogramma, è, in fondo, servito ad apparecchiare, gratis, una minaccia per l'Occidente nella cornice di un'imbarazzante propaganda. Non è stato, per intenderci, il colloquio tra Oriana Fallaci e Khomeini in cui la prima, alla terza provocazione a faccia di tolla dell'ayatollah, spense stizzita il registratore, si strappo  il velo impostole e se ne andò stizzita. Qua il format è: il potente parla e noi registriamo. Certo, io probabilmente, avrei fatto di peggio...

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