Chiedi a Papà ovvero le famiglie e il coreggio della normalità
Il nuovo documentario familiare di Raitre
Sarà che mi sono immedesimato oltre l'umano. Sarà che l'età e la prole inteneriscono e rintronano. Ma quando il Mauro, bancario di Ravenna esausto, dopo cinque giorni, nella cura dei figli di 7 anni e 17 mesi (ancorati al portapacchi di una bici traballante), con un sorriso patibolare, ha balbettato nel videomessaggio alla Silvia, la moglie in vacanza: «Qua va tutto benissimo: ci divertiamo, andiamo a letto tardi, mangiamo un sacco di schifezze...», ma in realtà gli si leggeva nello sguardo smerigliato: «ti prego, cara, torna, non ce la faccio più...»; be', quando m'è passata sotto il naso quest'immagine di vita famigliare deragliata, in quell'istante, mi ha preso un senso di angoscia solidale. Perchè sono le stesse parole che io pronuncio, arrancando, quando resto a fare da baby sitter ai miei, di figli. E lì - si capirà- qualsiasi analisi tecnica viene a sbriciolarsi su un sorriso di compassione. Eppure, visionando Chiedi a papà (Raitre, venerdì prime time), il docureality che mette in ferie le mamme e abbandona i figli ai padri per vedere l'effetto che fa, qualcuno ha storto il naso. Qualche collega -Giorgia Iovane su Blogo- afferma che il suddetto programma -in cui fa capolino, morbidamente l'Ivan Cotroneo touch- «non si stacca dal canonico trattamento dei ruoli genitoriali», scoprendo le ipocrisie della famiglie italiane. Può essere. In effetti, osservando l'altra storia che scorreva in parallelo, quella del circense Massimo alle prese, tra mercatini delle pulci casalinghi e cibi vegani, coi 4 figli che campano facendo i giocolieri, un pò viene l'idea che la moglie Valeria - 51 anni, 4 lauree e scelta di vita controcorrente- sia il perno essenziale della vita familiare. Fanno una perfida tenerezza quei padri che, davanti alle telecamere, si spalmano sui fornelli, battuteggiano, cercano di aiutare i figli a fare i compiti, sentendosi rispondere «ma è meglio con la mamma...». Il tutto mentre le madri se la godono nella spa di una lussuosa masseria pugliese, e magari si portano dietro il modem che evitare che i ragazzini -soli col papà- si ricoglioniscano su Internet. Il quadro è fin troppo banale, lo storytelling è deja vu. Eppure le famiglie, in fondo, sono così. Sono il coraggio della nornalità. E quando, nel finale del format, si sono ricongiunte in bordo piscina con un giorno di ferie pagato in più, tra lacrime buoniste, mi sono irritato per la banalità. Però, nel profondo, c'era una puntina d'invidia...