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X-Factor, tutto la va ben (tranne Skin)

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Lievemente irritata con la sintassi Foto: Lievemente irritata con la sintassi
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Arriverà. Arriverà il momento in cui il pubblico ne avrà pieno il diaframma dei talent musicali. Per ora quel momento è ancora lontano. Della puntata finale della nona edizione di  X Factor (giovedì, Sky Uno , Cielo e Mtv 8, prime time)  s'è detto di tutto. Lo  spettacolo spettacoloso in standard Super HD, la cura hollywoodiana delle luci, la regia a tratti spielberghiana, i  balletti con Luca Tomassini che resta il coreografo più completo su piazza, anche se ormai a X Factor è tutto talmente circonfuso di leggenda che pure due accenni di mazurka tra  Mika e Fedez accendono un dibattito sui social.  Le carrettate di ospiti nazionale e internazionali Coldpaly in primis. La  capacità di Alessandro Cattelan - «il conduttore laser» lo chiama Nanni Debecchi sul Fatto Quotidiano-  di condurre il gioco, gestire personalità, interventi ed emozioni  in una sera come un superamministratore di condominio.  Eppoi  è  spiccata la vittoria del 26enne barese Giosada, il talentuoso di Elio (bravo),  contro i favoriti fighetti Urban Strangers tenuti su da tutti tautaggi di Fedez il quale,  ormai,  se la tira più di Renzi.  Eppoi c'era Mika (sempre più bravo),  coi suoi total look catarifrangenti, i pantoloni e i pensieri tubolari;  uno che, come giurato,  appena prende un cincinino di confidenza è  capace di spararti in fronte con allegria.  Insomma la solita straordinaria liturgia da Star Wars dei palinsesti accompagnata da una mostruosa macchina da marketing che sembra la Morte Nera. Bellissimo, davvero. Anche se - in un falotico effetto-Sanremo- tra due mesi lo concelleremo dal software, per prepararci al prossimo. Se c'è un appunto che si può -anzi di deve- fare è la scelta di Skin. Come cantante è mostruosa, la sua neo-lingua anche.    «L'italiano di Skin è un caso molto interessante. Penso  che Skin parli l'italiano che si parlerà tra 3/400 anni», afferma Elio. Ed è vero. Le sue invenzioni sintattiche («una canzone stronza», «attacca la canzone»), le sue titubanze estenuanti,  il suo incespicare nei discorsi all'inizio fanno tenerezza. Succedeva pure con Mika, che ha imparato l'italiano in due mesi. Ma, a lungo andare l'esibizione d'ignoranza diventa stizza e, dopo, protervia: a Skin – al quale Tommaso Labranca prioprio inquesti giorni ha dedicato una spumeggiante biografia Sperling & Kupfer- spaccheresti una chitarra in testa. Qui non siamo a Mal e Don Lurio, finti storpiatori di lingua, negli anni 70. Qui siamo a una professionista ben pagata che deve rispettare il pubblico.  Non gliel'ha mica ordinato il medico, di fare il giurato (e, tra l'altro, non è nemmeno elegante  prendersela, a fine gara, contro i partner Mika e Fedez, suvvia...)

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