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Hillary Clinton salvata a metà. L'Fbi: "Niente inchiesta, ma sconsiderata"

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Il direttore dell'Fbi James Comey ha annunciato che, anche se ci sono prove che Hillary Clinton è stata "estremamente sconsiderata" nel maneggio delle informazioni classificate attraverso il suo server personale (che era illegale, secondo l'Ispettore Generale del Dipartimento di Stato), il suo Ufficio non raccomanderà al Dipartimento di Giustizia di incriminare l'ex segretaria di Stato. "Il nostro giudizio è che nessun ragionevole pubblico ministero potrebbe incriminare qualcuno in un caso simile", ha concluso Comey, che è sembrato in contraddizione clamorosa con se stesso. In realtà, infatti, nei 14 minuti della sua esposizione dei dettagli dell'inchiesta condotta e dei risultati emersi, Comey ha sollevato una lista di prove che per mesi gli esperti di legge avevano elencato tra quelle che ci sarebbero volute per incriminare la Clinton. Prima tra tutte, appunto, la mancanza di diligenza nella protezione dei segreti di Stato, ossia la "estrema sconsideratezza". Non occorreva provare che Hillary, consapevolmente, volesse tradire l'America mettendo a rischio la sicurezza nazionale, ma bastava che avesse tenuto una negligente trascuratezza nel fare il lavoro di protezione dei dati. Che è quello che dice la legge, e che lei ha fatto. Quello che, per esempio, era capitato al generale David Petraeus: trasferì documenti classificati alla sua amante, agendo in modo estremamente sconsiderato, ed è stato incriminato per questo. Hillary, invece, l'ha fatta franca. Era impensabile, peraltro, che l'amministrazione di Obama, che è impegnatissimo a far vincere un DEM dopo i suoi due mandati, avrebbe messo i bastoni del diritto nelle ruote della corsa di Hillary alla Casa Bianca. E gli ultimi episodi della telenovela delle email, rivisti oggi, mostrano come accurata sia stata la preparazione all'esito assolutorio. Prima l'incontro "causuale" di Bill Clinton e della ministra della Giustizia Loretta Lynch all'aeroporto, con la mezzora di colloquio privato, seguito dall'annuncio della Lynch che avrebbe accettato la raccomandazione dell'Fbi per mostrare la totale indipendenza degli investigatori. Poi il viaggio su AirOne di Hillary e Obama per il primo rally della campagna congiunta, in Nord Carolina, proprio nella stessa ora in cui Comey, a Washington, dava la notizia dello scampato pericolo. Come si può credere a questa serie di fatti come a delle mere coincidenze? A rendere totalmente politica la decisione presentata come "tecnica" da Comey non è il testa e testa di Bill e della Lynch, un diversivo teso a conferire credibilità al procedimento con la sua ricusazione. Sono le parole e i dati citati dallo stesso direttore dell'Fbi. Comey ha infatti riconosciuto che è stato chiarito dalle agenzie di governo, che dovevano stabilire se le email contenessero informazioni classificate al tempo in cui Hillary le aveva mandate o ricevute, che 52 "scambi di email" contenevano, effettivamente, informazioni classificate: 8 al livello massimo "Top Secret", 36 "informazioni segrete" e 8 "informazioni confidenziali". Ma Hillary non aveva sostenuto alla nausea che non aveva mai mandato o ricevuto alcuna email riservata? E lo aveva detto ben consapevole che, se provato, il fatto sarebbe stato prova di un reato. E ancora: l'Fbi ha scoperto migliaia di e-mail legate al lavoro ministeriale che Hillary non aveva fatto avere. Ma lei non aveva detto di averle date tutte? Ora, legalmente, il caso è chiuso pro Hillary. Ma in campagna elettorale l'argomento della sua correttezza non sparirà dalla scena. "Il direttore dell'Fbi ha detto che la truffatrice Hillary ha compromesso la nostra sicurezza nazionale", ha twittato Donald Trump. "Nessuna incriminazione. Wow". Un tweet che è la garanzia che la Clinton non potrà certo citare le parole che ha detto Comey sul suo operato, ma solo "vantarsi" di non essere stata oggetto di una incriminazione che tutto il paese si aspettava: il GOP illudendosi, i DEM incrociando le dita. di Glauco Maggi @glaucomaggi

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