Sky si ritira dal digitale, la guerra è finita
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Si slacciano l'elmo, depongono l'armatura, ripudiano le armi e s'avviano, stremati, ognuno per la propria strada. Sarebbe questa, con un pizzico di romanticismo l'immagine evocata dalla notizia che Sky esce dal Beauty Contest, la gara per l'assegnazione delle frequenze televisive digitali terrestri. L'Amministratore Delegato di Sky Italia, l'ottimo Andrea Zappia, l'ha annunciato pubblicamente; e, per giustificare la cosa, ha tirato in ballo «la lunghezza dei tempi, ad oggi ancora indeterminati incompatibili con l'esigenza di pianificare con certezza gli investimenti...». Sta bene. Ma, a saperla leggere, questa “decisione - incondizionata e con effetto immediato- di ritirare domanda di partecipazione alla gara europea dopo la specifica autorizzazione ricevuta dalla Commissione europea” abbassa i toni della feroce guerra fra la tv di Murdoch e Mediaset; e, in tempi d'interregno tecnico montiano, accende una sorta di pax televisiva di cui si sentiva il bisogno. Zappia sostiene che Sky poteva tranquillamente partecipare al Beauty Contest che le avrebbe riservato -in barba alla legge Gasparri- tre multiplex, in una nuova aperta sfida sul ddt al Biscione, il nemico di sempre. Ed è tutto vero, indubitabilemente. Com'è vero che l'Europa già nel luglio 2010 aveva autorizzato Sky. C'eravamo. E ricordiamo i volti pietrificati dei dirigenti di Cologno, e il tono patibolare con cui l'allora ministro della Comunicazione Romani accolse la notizia. Ed è anche vero che l'Europa stessa sottolineò “come proprio Sky avesse contribuito allo sviluppo della concorrenza nel mercato televisivo italiano e come la sua partecipazione alla gara per l'assegnazione delle frequenze sul DTT avrebbe comportato un'ulteriore apertura del mercato”. Tutto verissimo. Ma, allora, perchè dopo tanti anni -dal 2009- di fatica, di lotte e di proclami verso una cavalcata vittoriosa nel digitale terrestre («la discesa a terra degli déi», scherzò un collega), Sky, all'improvviso cambia idea? Sì, d'accordo, le regole del fantomatico Beauty Contest sono più farraginose, interpretabili, soporifere, di quelle del Risiko. Sì, ok, “Cielo” affittato dalle frequenze ddt di De Benedetti è già un presidio sufficiente per una pay tv satellitare. Si, non c'è dubbio: a forza di schiaffoni da una parte e dall'altra, Sky e Mediaset hanno finito per rimetterci. Ma da qui a considerare che il ritiro di Sky dal digitale sia un colpo di scena, significa non conoscere il mercato. La verità?e Sky non aveva la minima intenzione di scendere a terra, soprattutto gratis. Non l'ha fatto in nessuna parte del globo. E, avesse applicato il modello pay sul digitale, perchè entrare in concorrenza con sè stessi sul satellite? A che pro, infine, mettersi, ancora oggi, di traverso nel business in cui Mediaset ha investito abbondantemente (e per primo)? E in un momento in cui Berlusconi non è più al governo e non può avere più la tentazione di un occhio di riguardo per le sue tv? Parliamoci chiaro: al di là dell'aspetto politico, per Sky andare sul digitale sarebbe stato, industrialmente rischiosissimo. Già il broadcaster satellitare, nonostante il raggiunto obbiettivo sugli abbonamenti, ha qualche problema con la redditività dei propri abbonati (l'Arpu) e col tentativo di trasformare Sky Uno in tv generalista. Figuriamoci cosa avrebbe significato entrare in un business non proprio. Dal canto suo, a Mediaset Piersilvio (anche lui con qualche problemuccio da risolvere, leggi Endemol leggi raccolta pubblicitaria...) tira un sospiro di sollievo. Nella guerra fra i due, l'unica a guadagnare è statab la Rai, la quale, tra l'altro è riuscita nella non facile impresa di accumulare anche 300 milioni di disavanzo per il 2021. Ma questa è un'altra storia...