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Father& Son, gli idioti di successo

I soliti idioti su Mtv

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Un dubbio amletico. «Caro Watson, che niente niente lei è amico di quel frocio de Oscar Wilde?...», chiese il detective in mantellina stirando le rughe della  faccia da pappone di Torvajanica, scrollando la pipa intasata di coca, ingollando un “the corretto sambuca. Sono pochi i guizzi narrativi così straordinariamente politically uncorrect , così eversivi da riuscire a mettere d'accordo il pubblico generalista e il web. Uno di questi è la parodia di “Sherlock Holmes” girata da Ruggero De Ceglie e e Gianluca De Ceglie per “Teleciancico”. I De Ceglie -vivido esempio di metatelevisione- sono “Father and Son”, ossia personaggi interpretati da Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio, ossia l'anima e il cuore dei “Soliti idioti”. Father and Son (Mtv tutti i giorni alle 22, Mtv On demand, Youtube) sono quanto di più allegramente urticante la sit com possa produrre in questo momento. Se hai un'età variabile tra i 15 e i 30 e la guardi per un minuti cadi in un loop ipnotico che ti induce, da solo, ad un inquietante ridarella. Eppure non è nuovissima l'idea di un padre romano de Roma volgare come un ultrà, maschilista, omofobo e ricco imprenditore che, a forza di intercalari coloriti («'A Gianlù, eddài che cazzo!!»), educa il figlio colto, gentile, levigato, un incrocio fra Dario Franceschini e  un ciellino. Per dire, “In viaggio con papà “ con Sordi-Verdone, o il telefilm anni 80 “Sanford & Son” sono modello insuperato. Infatti i De Ceglie ne sono l'evoluzione genetica da terzo millennio. E ogni loro episodio ne accresce la piccola leggenda. In “Prostitute” il padre esorta il figlio con «'A Gianlù, oggi papà te porta a puttane»; e il figlio, prima riottoso risponde: «Papà l'amore non si può imbrigliare in un movimento fisico con una persona che non conosci...», poi spinto tra le braccia di nigeriane finisce nella retata della buoncostume. In “Problemi di comunicazione”, il padre per forgiare il figlio astemio lo porta in un bar per farlo massacrare in una rissa; e in “L'urlo di Tarzanal” l'educazione sentimentale su un set pornografico si scopre banco di prova per un hardcore per gay (e l'urlo del titolo è quello dell'ignaro neoattore Gianluca). Il passaggio successivo, è il film dal canone sherlockiano , dove tra citazioni a metà tra l'Inghilterra vittoriana e la curva della Lazio, il figlio subisce la follia del padre detective che, come indizio di un delitto, sventola una messaggio in un foglietto: “Vattelapiainderculo”. È volgare, ok;  ma lo erano anche i Monty Phyton e la satira inglese del '700...

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