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Il passo poderoso di Terence Hill

"Un passo dal cielo", il successo

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Dio (e Mauro Masi) benedica Terence Hill. Mister Hill è un signore che con un'eleganza antica galoppa  tra i palinsesti Rai; e - che sia vestito da prete, da cowboy o da guardia forestale - riesce, da anni, a sussurrare all'Auditel e a lisciare il pelo degli ascolti raccontando un'Italia speranzosa e commiserevole ma inesistente in natura.  Prendete la seconda puntata di “Un passo dal cielo”, che è in pratica un “Don Matteo” laico ambientato tra le montagne di San Candido. É  stata vista da oltre sei milioni di telespettatori, 23,86% di share, e ha vinto ancora una volta la serata nel silenzio totale della critica snob che considera ancora le gesta del vecchio Trinità un prodotto assai banalotto e piccoloborghese. Non che non lo sia, beninteso. “Un passo dal cielo” è una glorificazione di stereotipi e di fenotipi tagliati con l'accetta: la guardia forestale buona che ricorda i fumetti della giubba rossa “Audax” (anni 50); il commissario di polizia napoletano che s'innamora della veterinaria locale dominatrice nelle gare di ballo; il poliziotto biondo di nome Uber che ricorda i carabinieri tontoloni di Pane amore e fantasia; il giovane accusato ingiustamente d'incendiare i boschi; il cattivo, vero piromane, che ammazza il padre per vendere la sua fabbrichetta ai francesi che di questi tempi sono come il prezzemolo. La sagra degli stereotipi, appunto. Ma erano stereotipi malvisti degl'intellettuali anche i romanzi di Carolina Invernizio, i film di Fernandel e Gino Cervi e le battute di Totò; alla fine gl'intellettuali sono evaporati e gli stereotipi -linfa del racconto popolare- sono rimasti. Certo “Un passo dal cielo” non è Montalbano. Ma è un buon prodotto supportato da un onestissima sceneggiatura e da paesaggi dolomitici da mozzare il fiato e esaltati da funambolismi registici. Hill - nostro imperturbabile mito personale- illumina coi suoi silenzi la recitazione degli altri: Bermani Amaral,  Ianniello, Ricciarelli, Salvi. Attori di cui stride, in una fiction di Bolzano, il terrificante accento romanesco. Possibile che nessuno faccia un corso di dizione, o non si assumano i bravi interpreti locali? La fiction ha chiuso sui versi di Quasimodo: “ Ed ecco sul tronco si rompono gemme; .. e tutto mi sa di miracolo”. E qui il vero miracolo e davvero Terence Hill

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