Nessuna scusa
Da oggi va in onda questa rubrica chiamata “Cassonetto” nel senso di “posto dove si butta la monnezza”. Il senso della cosa è: “Trattiamo uno dei casi del giorno in poche righe con l'intento di farci stracciare il tesserino”. La cadenza dell'ambaradan, nelle intenzioni, dovrebbe essere giornaliera, ma non è facile trovare con costanza puttanate da trattare, ergo non garantiamo. Garantiamo, invece, quanto a lunghezza: 1500 battute circa, praticamente il tempo di bere un caffè corretto. Siccome abbiamo perso tempo e spazio per spiegare il regolamento del “Cassonetto”, questa prima puntata rischia di essere una merda e in ogni caso si ridurrà al racconto di un'antica storia liceale. Al liceo scientifico Paolo Giovio di Como nei ruggenti Anni 90 imperversava un bellimbusto di 17 anni. Era un bel ganzo, vestito alla moda, il padre faceva il notaio e la mamma spendeva i soldi del notaio. Questo stronzo 17enne se ne fotteva di noi normaloidi, del fatto che facevamo molta fatica a stare al mondo, e ci provava con tutte le nostre fidanzate. Lo faceva con una certa costanza. In generale le fidanzate degli altri lo respingevano perché erano sagge, ma la mia no: limonarono. Ci rimasi molto male e dopo qualche tempo quello venne a chiedermi scusa. Lui: “Ero ubriaco…”. Io: “Scuse accettate dai…”. Lui: “…ero ubriaco altrimenti mica mi sarei fatto quel cesso orrendo”. La prima puntata del “Cassonetto” termina con la constatazione che Valentino Rossi non ha fatto bene a rifiutare le scuse di Marquez, ha fatto benissimo.