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La patata di Arisa

W la sincerità della seconda classificata al Festival di Sanremo: (Siccome non ho il fisico di Belen, preferisco portarla al collo)

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Viva la sincerità. Arisa non solo l'ha cantata nella sua prima, fortunata, volta al Festival di Sanremo (ricordate il motivetto con cui ha vinto nel 2009 nelle Nuove Proposte?), ma adesso l'ha messa anche in pratica. Venerdì sera alle Invasioni Barbariche ovviamente si è parlato della farfallina di Belen e Arisa, che sa di non essere una fatalona sexy e rispetta la bellezza dell'argentina (se avessi anch'io il suo fisico, lo mostrerei ai quattro venti), ha spiazzato tutti tirando fuori la sua patata. Diretta, semplice, disarmante. Se la tiene al collo e non la molla mai, non ama i gioielli ma al dito porta solo un anello con una sorta di patata (un'altra) cucita, creazione di Morgana, che evidentemente sa quanto vale il nostro gioiello nascosto indossato dai vip. Rosalba Pippa in arte Arisa, dal piccolo centro di Pignola in Basilicata, ne ha fatta di strada. Lei e la sua patata.Siccome non ho ancora il fisico, preferisco portarla al collo, dice alla Bignardi. Possibile che la stralunata occhialuta dalla voce di usignolo sia diventata anche così smaliziata da inventarsi il marketing su se stessa con il suo prezioso monile al collo, ma questo importa poco, in fondo. Fosse stato un ciondolo a forma di cuore, sarebbe stato l'ennesimo. La patata, invece, svolta. Bisogna saperla portare. Valorizzarla. A una Veronica Pivetti depressa la sua analista ha trovato il modo di darle la carica: ogni tanto pensi alla sua patata. E non era una fiction. Perché definirla patata e non tecnicamente vagina? Perché si sposa bene con il pisello. Dicono.  

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