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Quelle tranquille vicine di casa

Sevizie, torture, bruciature con il ferro da stiro: fine di un incubo per una ragazza di Albano (Roma)

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Non tutti i vicini di casa, per fortuna, sono come Olindo e Rosa, gli autori della strage di Erba. E non tutte le ragazze di Albano, tranquillo paesino dei Castelli Romani, hanno la sfiga di avere sul pianerottolo di casa una famiglia di aguzzini dove le donne sono, se possibile, perfino più cattive dei componenti maschi del nucleo familiare. Due signore italiane, 57 anni la madre, 32 la figlia, le quali, insieme al compagno 26enne della più giovane hanno preso di mira la ragazza che abitava accanto facendola diventare un pupazzo nelle loro mani, uno straccetto da prendere e buttare come e quando lo dicevano loro. A questa fanciulla indifesa, i tre ne hanno fatte di ogni: l'hanno fatta prostituire, così loro si spartivano il bottino, l'hanno seviziata, picchiata, minacciata di morte e perfino bruciata con il ferro da stiro bollente. La notte tra il 2 e il 3 luglio le urla della poveretta sono state così forti e acute da svegliare alcune persone (questi sì, buoni vicini) che hanno allertato la polizia. Sono arrivati gli agenti della Squadra Mobile e del commissariato di Albano che hanno portato la giovane in ospedale dove i medici hanno riscontrato un trattamento sul corpo della ragazza, volevano ammazzarla. La ragazza di Albano, sola e molto probabilmente fragile dal punto di vista psicologico, ha vissuto un lungo calvario nelle mani dei suoi aguzzini i quali si erano posti con lei, all'inizio, come i perfetti vicini di casa: facevano gli amici, s'infilavano in casa, fingevano interesse per la sua vita e intanto la conducevano sulla strada della prostituzione. Quando lei ha provato a ribellarsi, sono scattate le botte: così violente e atroci da lasciare segni profondi sul corpo. Alle due donne si è unito in un secondo momento anche il fidanzato e i colpi sono arrivati ancora più forti, spesso con oggetti appuntiti o incandescenti (come il ferro da stiro caldo).  I "buoni vicini di casa" erano così sadici che hanno perfino provato a depistare le indagini, a dire che si sarebbero presi cura loro della poverina. L'avrebbero tutelata. Ma la polizia ha fatto bene il suo mestiere e ha incastrato il clan dell'orrore. Adesso i tre sono in cella: dovranno rispondere di una sfilza di reati, con l'aggravante della crudeltà.     

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