Paola Regeni e la sfida al governo egiziano per il suo Giulio
Brunella Bolloli
Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.
Poche parole per raccontare di una madre, Paola Regeni, insegnante in pensione, friulana, stesso sguardo e stessi occhi del suo primogenito Giulio, il ragazzo che non c'è più. Il ricercatore ucciso e torturato nel posto dove era andato per fare ricerche, studiare, Egitto, il Cairo. Ieri questa signora che ha confessato di avere un , per cui non riesce più a piangere, proprio lei che si commuoveva sempre anche solo sentendo canzoni romantiche o vedendo i disegni dei bambini, era in Senato insieme al marito Claudio, al senatore Luigi Manconi, e al portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury. Paola Regeni non ha fatto come Ilaria Cucchi: non ha mostrato, almeno non ancora, le immagini del volto tumefatto, sfigurato, irriconoscibile di quel suo giovane figlio 28enne sempre allegro e solare. Non lo ha fatto, ma è pronta a farlo, anche se avverte insieme al marito, di Giulio cadavere all'obitorio,riconoscibile solo dalla punta del naso per quanto era stato conciato male. Non è una minaccia, ma la fermezza di questa signora e della sua famiglia segnano una sfida al governo di Al Sisi e anche al nostro. Se il 5 di aprile non ci saranno elementi chiari da parte dei funzionari di polizia del Cairo, se non si arriverà a una verità vera da parte dell'Egitto, Paola Regeni dovrà tirare fuori l'immagine di quel volto in cui . L'immagine di un figlio ammazzato come un egiziano, e invece era solo uno studente italiano che approfondiva la vita dei lavoratori de Il Cairo. L'immagine di un giovane uomo che non può essere stato massacrato così solo a scopo di rapina. Per Amnesty le torture da parte dell'Egitto sono inequivocabili, ci sono dei precedenti. Mamma Paola pretende la verità. Altrimenti esibirà quegli scatti inguardabili che non fanno bene al governo egiziano. Al Sisi è avvertito.