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Giachetti, il nominato che vuole cambiare il Porcellum

il vicepresidente della Camera vuol cambiare il sistema elettorale. Buona idea, peccato che nessuno, a partire dal suo partito, vuol modificare l'attuale legge, voluta da destra e sinistra con l'avallo del centro

A Montecitorio la cravatta non è obbligatoria, lo è invece al Senato Foto: A Montecitorio la cravatta non è obbligatoria, lo è invece al Senato
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«Per fare certe cose, ci vuole orecchio», cantava Enzo Jannacci in una famosa canzone dedicata all'assenza di rapporto della sinistra con la base, fresca erede della tradizione del Pci. Ecco, per fare certe battaglie, come quella che sta conducendo il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti contro il Porcellum, non ci vuole solo orecchio ma un passato elettorale  a prova di Parlamento di nominati.  Insomma, una certa coerenza con le cose fatte e quelle che si vanno sostenendo non è solo richiesta, ma sarebbe anche necessaria. E il curriculum politico dell'esponente del Pd non è proprio il miglior testimonial della battaglia che il vice della Boldrini sta conducendo, a digiuno da 25 giorni  per sollecitare la riforma della legge elettorale lanciando il “noPorcellumday. L'esponente del Pd è entrato, infatti,  a Montecitorio per la prima volta nel 2001, come deputato della Margherita. Giachetti venne piazzato da Francesco Rutelli, allora leader del partito, nel listino del proporzionale (circoscrizione XIV delle Marche). Dunque nessuna preferenza da ottenere o cercare, né campagne elettorali da sostenere, trattandosi di posto blindato. La Legge Mattarella prevedeva un sistema elettorale maggioritario, corretto da una sensibile quota proporzionale, con liste bloccate, pari ad un quarto dei seggi di ciascuna assemblea. Nel 2006 l'attuale vice presidente della Camera è stato rieletto con l'Ulivo, nel collegio Lazio 1. Ovviamente con il Porcellum, entrando  così a far parte del club dei nominati. La cosa si è ripetuta nel 2008 e nel 2013, con una sola variazione sul  tema. Con l'arrivo sulla scena nazionale del sindaco di Firenze Giachetti si è scoperto renziano, decidendo di sposare la causa del rottamatore. Un passaggio che potrebbe garantirgli la prossima rielezione, al di là del modo con il quale andremo alle urne. Insomma, la battaglia per il ritorno ad un sistema  elettorale che preveda la scelta del candidato da parte dell'elettorale  sarà pure sacrosanta. E Giachetti fa bene a difendere le ragioni del suo digiuno, arrivato al 25esimo giorno, ma  il fatto che sia stato eletto sempre e comunque con un sistema che garantisce il candidato e non il cittadino-elettore pone qualche problema. Più che una contraddizione in termini, una  contraddizione nei fatti, al di là dell'epica delle primarie messa in campo dal centrosinistra in occasione dell'ultima tornata elettorale. Più coerente, invece, il suo rapporto con l'uso del digiuno, avendolo attuato diverse volte. Certi vizi che si prendono con i Radicali sono duri a morire. Nel 2002 per sollecitare il Parlamento ad eleggere due giudici della Corte Costituzionale mancanti da tempo e così ripristinare il plenum. Nel 2004 per sollecitare la calendarizzazione della legge sul conflitto di interessi. Nel 2007 affinché i dirigenti del PD indicassero una data certa per lo svolgimento dell'assemblea costituente del partito. Nel 2008 per ottenere le  primarie, nel 2012 in segno di protesta contro la mancata approvazione di una nuova legge elettorale in sostituzione del cosiddetto Porcellum. La sensazione è che quella di Giachetti sia più battaglia di bandiera, in modo da sostenere la causa renziana in modo da accreditarsi alla corte di LoRenzi il Magnifico, che una vera crociata in nome della passione civile. Giusto l'altro giorno il vice presidente della Camera ha spiegato a Luca Sappino del settimanale L'Espresso che  in materia di legge elettorale i lavori parlamentari «sono assolutamente fermi. Siamo ancora in attesa del comitato ristretto che ha nuovamente annunciato per la prossima settimana una comunicazione sui punti di “non convergenza” tra le forze politiche», afferma Giachetti, «ed è molto divertente, perché non capisco bene a cosa serva questo lavoro, quando le posizioni dei partiti sono già ampiamente state espresse in Commissione affari costituzionali e nel dibattito pubblico. Mi sembra l'ennesimo modo per dilatare i temi e aspettare la Corte Costituzionale». Insomma, nulla di nuovo all'orizzonte. Del resto il prossimo traguardo da tagliare sono  le europee e la tenuta del governo. Figuriamoci se proprio i signori delle larghe intese mettono mano alla legge elettorale.   

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