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Da Tim a Vodafone, sui telefoni il prezzo non è ancora giusto

Tobia De Stefano
Tobia De Stefano

Mi sono laureato in legge e me ne infischiavo dell'economia, poi ho iniziato a fare il giornalista, gavetta-collaborazioni-pochi quattrini, e ho capito che senza soldi non si cantano messe. Da quel momento la gestione dei risparmi è diventata la mia passione. Ed eccomi qui a curare un blog sui “Vostri soldi” per il sito più irriverente che potete trovare in rete.

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Il risiko delle telecomunicazioni fa dei giri enormi - si parla di rete, economie di scala e via libera della politica ma poi stringi stringi tutto ruota intorno alla questione più banale: il prezzo. Vale per l'operazione recente - l'offerta respinta di Iliad per rilevare il 100% delle attività italiane di Vodafone - e si può fare lo stesso discorso per un deal più datato e complesso, quello che coinvolge Tim, i suoi principali azionisti Cdp (10%) e Vivendi (24%), e il fondo di private equity Kkr che il 20 novembre del 2021 ha presentato una proposta d'Opa condizionata alla possibilità di condurre una due diligence di un mese. Andiamo con ordine. Pochi giorni fa Vodafone ha rigettato la proposta non vincolante da 11,25 miliardi di euro avanzata da Iliad e dal fondo Apax Partners perchè non risponde «agli interessi degli azionisti».

«RESTIAMO DA SOLI»

Iliad ha preso atto del rifiuto mettendo poi in fila tutto quello che il competitor anglosassone si sta perdendo. «L'offerta - si legge nella nota del gruppo transalpino- riflette un premio molto alto... Si tratta di un'offerta per il 100% in contanti che beneficia di un forte sostegno finanziario da parte di una delle prime 3 banche europee (potrebbe essere SocGen) per l'intero importo e di un partner finanziario». Ma non solo. Perché la proposta risponde «alla volontà del management di Vodafone di un consolidamento in Italia e di andare nella direzione del migliore interesse degli azionisti di Vodafone». E adesso? «Iliad proseguirà nella sua strategia stand-alone con il suo grande track record: più di 8,5 milioni di abbonati mobili in 3,5 anni e il lancio dell'offerta fissa a banda larga...». È la parola fine? Difficile. Il patron di Iliad Xavier Niel ha la fama di essere un osso duro nel condurre le trattative. La sua potrebbe strategia. La prima offerta è rimasta nella parte bassa della forchetta (11-13 miliardi) ipotizzata dagli analisti e quindi i margini per un rilancio ci sarebbero.

DUE CONSIGLI IN POCHI GIORNI

Il prezzo non è giusto. È lo stesso discorso che si fa da settimane sulla partita Tim-Kkr, ma con tutte le complicazioni che si porta dietro un'Opa sull'ex monopolista della telefonia italiana che oltre ad essere quotata ha anche in pancia asset sensibili come la rete, Sparkle (rete internazionale), Telsy (cybersecurity) e Noovle (il Cloud). La novità in casa Tim sta nel ritrovato feeling tra i primi due azionisti del gruppo - Vivendi e Cdp - sul piano di separazione della società in due: la rete da una parte e la ServiceCo dall'altra con la valorizzazione di cloud, la cybersecurity e Olivetti IoT. La maggioranza della NetCo andrebbe alla Cassa Depositi e Prestiti, quella della Service a Vivendi. Il piano procede spedito nonostante le perplessità dei sindacati che sciopereranno il 23 e Labriola aggiornerà il consiglio nel corso del Cda di San Valentino (14 febbraio), mentre l'approvazione arriverà nel successivo Consiglio del 2 marzo. A quel punto (da monitorare il prezzo del titolo Telecom) saranno chiari numeri e strategie e il board dovrebbe dare una risposta al fondo Usa sulla due diligence. Con ogni probabilità si tratterà di una risposta non positiva, motivata e circostanziata. Secondo Bloomberg anche per Tim è una questione di prezzo. Per Vivendi (ed era risaputo), ma anche anche Cdp e il governo l'offerta a 0,505 è bassa. 

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