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Tim, scontro Francia-Usa. Kkr rafforza la sua offerta anti-Vivendi

Tobia De Stefano
Tobia De Stefano

Mi sono laureato in legge e me ne infischiavo dell'economia, poi ho iniziato a fare il giornalista, gavetta-collaborazioni-pochi quattrini, e ho capito che senza soldi non si cantano messe. Da quel momento la gestione dei risparmi è diventata la mia passione. Ed eccomi qui a curare un blog sui “Vostri soldi” per il sito più irriverente che potete trovare in rete.

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Tanta attesa per nulla? Il toto-Tim che ogni giorno si infarcisce di novità su addii eccellenti, alleanze più o meno ufficiali per separare la rete dai servizi e consulenti legali pronti a cambiare le sorti della partita, nelle ultime ore volge al nuvoloso andante. Sembra che anche nel Cda del 17 dicembre non ci sarà una decisione sulla proposta d'Opa del fondo Usa Kkr. E che se dovesse esserci potrebbe essere una risposta negativa rispetto alla richiesta americana di iniziare una due diligence di un mese sui conti della società di Tlc. Ci sono altre priorità. Innanzitutto urge decidere sul possibile "profit warning" (sarebbe il terzo), un allarme sugli utili per le ricadute sui conti del contratto siglato con Dazn. E poi è necessario far entrare in Consiglio il nuovo direttore generale Pietro Labriola, se al posto dell'ex ad Luigi Gubitosi o di Luca De Meo, consigliere indipendente in quota Vivendi, è tutto da decidere.

PAROLA AL MERCATO?

Insomma, a quasi un mese dalla lettera del private Usa del 20 novembre tutto tace. Dal fondo non c'è nessuna reazione ufficiale, ma secondo quanto appreso da Libero in ambienti finanziari l'approccio del colosso finanziario resta focalizzato verso il mercato. Al quale Kkr si è rivolto con una proposta d'Opa condizionata certo ma che garantiva un premio del 50% rispetto al valore dei titoli e metteva sul piatto 10,8 miliardi di euro. E se quella proposta, o meglio e se la richiesta di fare un due diligence dovesse essere respinta? In quel caso Kkr andrebbe avanti lo stesso valutando se è il caso anche di ritoccare il prezzo. Sarebbe davvero strano che un fondo di queste dimensioni che ha approvato un investimento superiore ai 30 miliardi (10,8 più 22 di debito) sul 100% delle azioni di Tim si ritirasse per non aver ricevuto il via libera alla due diligence. Piuttosto, ci sarebbe da capire in che modo un Cda indipendente come quello di Tim riuscirà a motiverà un eventuale no all'apertura della data room. Da scartare l'ipotesi di un rilancio a brevissimo, da valutare invece la possibilità che dopo il 17 possano esserci novità in questa direzione. Anche perché agli stessi americani è chiaro che un offerta a 0,505 euro per azione, che non raggiunge il valore di carico sia dei primi azionisti, il prezzo medio di Vivendi è a 1,07 euro, che dei secondi - Cdp ha il suo 9,8% a un valore che oscilla tra 0,65 e 0,70 euro per azione -, necessita di un ritocco.

SENZA GRADIMENTO

Chiaro che in questo caso l'Opa che era partita come un'offerta amichevole, si trasformerebbe in un'operazione molto meno amichevole. Verrebbe meno, infatti, uno dei presupposti indicati nella lettera, «il gradimento degli amministratori della società e del management». Non si può tecnicamente parlare di Opa ostile, ma il senso sarebbe quello. E Vivendi? Cosa farebbe a quel punto il colosso dei media di Vincent Bollorè che di recente ha annunciato una svolta storica dicendosi disponibile a valutare la cessione della rete allo Stato? Di sicuro a quel punto si aprirebbe una nuova partita, dove non sono da escludere colpi di scena e ingressi in campo di altri fondi. Ma stiamo correndo troppo. Lo scontro tra americani e francesi è appena all'inizio. Aspettiamo di vedere cosa succederà nell'ennesimo Cda decisivo per le sorti della nostra Tim.

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