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L'intelligenza artificiale applicata alla chirurgia estetica 

Orchidea Colonna
Orchidea Colonna

Giornalista, globetrotter e food lover. Sono convinta che ogni viaggio, ogni luogo visitato e osservato, ci renda più ricchi dentro. Da un viaggio si torna sempre diversi e migliori da come si è partiti. Seguitemi e attraverso i miei occhi scoprirete un mondo di inattesa bellezza

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L'avanzata dell'intelligenza artificiale (AI) nella chirurgia estetica sta sollevando interrogativi importanti. Mentre il settore medico ha già integrato l'uso di tecnologie avanzate per migliorare diagnosi e trattamenti, l'applicazione dell'AI nel campo della chirurgia plastica è oggetto di perplessità. L'intelligenza artificiale può davvero sostituire l'occhio esperto del chirurgo o rischia di generare risultati standardizzati, privi di anima e personalità? È questo il quesito posto da Paolo Santanchè,chirurgo plastico di fama, che in una recente intervista all'Adnkronos Salute ha messo in guardia dai potenziali limiti di un'eccessiva dipendenza dagli algoritmi nel campo estetico.

Santanchè ha sottolineato che, sebbene l'AI possa offrire un supporto notevole in ambito diagnostico, il suo impiego nella chirurgia estetica solleva dubbi. "Il naso perfetto non esiste," spiega, "c'è solo il naso adatto a quel volto e a quella persona." Questa affermazione racchiude il cuore della questione: la bellezza non è solo una questione di proporzioni perfette o simmetria impeccabile, ma nasce da un'armonia di caratteristiche uniche che spesso includono piccoli difetti. Secondo Santanchè, il rischio nell'usare l'AI per prevedere i risultati estetici è proprio quello di eliminare queste imperfezioni, che danno personalità e carattere al volto umano, per ottenere risultati "belli ma senz'anima".

Per comprendere meglio il punto di vista del chirurgo, è utile guardare al passato. Santanchè racconta di come, agli inizi della sua carriera, la tecnologia fosse ben lontana da quella odierna. Allora, i chirurghi plastici disegnavano a mano su fotografie dei pazienti per proporre possibili modifiche. Tuttavia, anche quei disegni spesso non rappresentavano il miglior risultato per il paziente. Con il passare degli anni, l'introduzione di software più avanzati ha consentito simulazioni sempre più precise, ma l'esperienza ha insegnato a Santanchè che "l'estetica ha una componente artistica che l'intelligenza artificiale non può replicare". La bellezza non è un insieme di numeri o proporzioni matematiche, ma un equilibrio delicato tra forme, espressioni e difetti.

Il pericolo principale, secondo Santanchè, risiede nella possibilità che gli strumenti digitali vengano utilizzati per convincere i pazienti ad accettare interventi estetici senza una vera comprensione delle loro esigenze psicologiche. Il chirurgo che sfrutta l'AI per velocizzare il processo, potrebbe finire per trascurare il dialogo necessario con il paziente. "Presentare un'immagine bella e pronta è molto più veloce che dedicare tempo a parlare col paziente e capirne il problema," afferma il chirurgo. Tuttavia, è proprio questa fase di ascolto e comprensione che può fare la differenza tra un intervento soddisfacente e uno che, pur tecnicamente perfetto, lascia il paziente insoddisfatto.

Un esempio concreto delle problematiche sollevate da Santanchè è offerto dagli esperimenti già condotti con l'AI. In uno di questi, fotografie di celebrità come Brad Pitt e Sandra Bullock sono state perfezionate da un algoritmo, con il risultato di volti privi di personalità. "La bellezza non è perfezione," sottolinea il chirurgo.

C'è poi un altro aspetto fondamentale, quello medico-legale. Le simulazioni create dai software non possono garantire un risultato identico a quello che si otterrà con l'intervento chirurgico. "Quando si fanno le simulazioni modificando un naso o un seno," avverte Santanchè, "va precisato chiaramente che quella è solo un'idea, non una rappresentazione del risultato finale." La discrepanza tra aspettative e realtà può infatti generare problematiche legali, soprattutto se il paziente, insoddisfatto, decide di citare in giudizio il chirurgo.

La preoccupazione di Santanchè non riguarda solo la qualità estetica degli interventi, ma tocca anche la componente psicologica e relazionale del rapporto medico-paziente. "Chi si rivolge al chirurgo plastico lo fa perché ha un problema con cui non riesce a convivere," spiega. "Chi chiede di avere il naso di una celebrità va guidato verso la scelta giusta, che non è quella di essere accontentati, ma di trovare un equilibrio tra il desiderio del paziente e ciò che è realmente adatto a lui." Questo processo richiede tempo, sensibilità e una profonda comprensione della psiche umana, competenze che né un software né un algoritmo possono sostituire.
"Il nostro compito," conclude Santanchè, "è curare un disagio, non creare copie perfette senz'anima".

Autrice dell'articolo: [email protected] 

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