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Pippa Bacca: arte, vita e morte in abito da sposa

di Nicoletta Orlandi Posti martedì 8 aprile 2025

4' di lettura

Indossava un lungo da sposa bianco, con lo strascico, Pippa Bacca quando l'8 marzo del 2008 si è messa in cammino per la sua ultima performance. "Brides on Tour" era un progetto semplice e radicale ideato insieme a Silvia Moro: attraversare in autostop undici Paesi da poco usciti da conflitti – dalla ex Jugoslavia fino al Libano – per portare un messaggio di speranza e di riconciliazione, di fiducia nel prossimo e di comunione tra le popolazioni locali, con le quali Pippa e Silvia, a ogni tappa, fraternizzavano. Era un rituale la lavanda dei piedi alle ostetriche locali, un omaggio alle donne che donano la vita. L’idea di diventare la sposa contro le guerre era venuta a Pippa Bacca, nipote di Piero Manzoni, al matrimonio di una sua amica, riflettendo su un abito che viene usato una sola volta e sul suo significato, valori in cui si riconosceva: la purezza, la fiducia nel prossimo, l’amore. 

Le due artiste - con i loro preziosi e voluminosi abiti firmati da Manuel Faccini (Byblos) - hanno attraversato la Slovenia, la Croazia, la Bosnia e la Bulgaria fino a Istanbul dove si sono separate con l'obiettivo di rincontrarsi a Gerusalemme: lì dove avrebbero lavato gli abiti da sposa impolverati per eliminare simbolicamente le scorie della guerra.  Purtroppo Pippa non è mai arrivata nella città santa, tradita da un camionista di una quarantina d'anni in cui aveva riposto fiducia. «Sono già stata a Istanbul e in Russia in autostop e non ho paura. Suppongo che in abito da sposa creerà un po’ più di turbamento nelle persone che ti caricano ma alla fine non penso che ci saranno problemi», aveva detto prima di partire Pippa. Purtroppo il suo sorriso e le sue buone intenzioni non sono bastate a salvarle la vita. L'uomo che doveva darle un passaggio l'ha spogliata dell'abito da sposa che indossava e l'ha violentata. Non soddisfatto l'ha picchiata brutalmente fino a ucciderla per poi abbandonarla sotto una coltre di rami e rovi nella periferia della città turca di Gebze. Ma la morte di Pippa Barca non ha esaurito la forza del progetto Spose in viaggio nel fatto tragico, anzi ne ha amplificato la sua azione poetica e artistica rendendolo un simbolo potente.

A distanza di diciassette anni, Milano accoglie il gesto artistico di Pippa Bacca per riflettere sul corpo femminile come territorio politico, sull’utopia che si scontra con la brutalità della realtà, sull'arte più forte della cronaca con la mostra a Palazzo Morando, sede del Museo di Costume Moda Immagine, “Pippa Bacca: innesti” curata da Mirco Marino e Rosalia Pasqualino di Marineo (sorella di Pippa), con un’installazione dell’artista Cosimo Piovasco di Rondò e la collaborazione della famiglia dell'artista scomparsa e del Comune di Milano. Il titolo della mostra è eloquente: gli innesti sono intrusioni gentili, cortocircuiti visivi, opere di Pippa che si insinuano con grazia sovversiva nel contesto storico del museo. Così il veliero azzurro di Naviganti (2003) prende il largo tra le vedute dei Navigli, e le sue Sirene in carta ritagliata si fanno eco di una sirena in ghisa del 1842, un tempo posta sul Ponte delle Sirene.

Le sale di Palazzo Morando si popolano di scorpioni e serpenti ritagliati dentro banconote, accanto a divinità egizie ibride. Nella Sala d’Ercole, tra ritratti settecenteschi, compare il Ritratto presunto di Pippa ed Eva della fotografa Camilla Micheli, mentre il percorso del museo si intreccia con le tracce reali del viaggio-performance: fotografie, tappe, incontri. Le immagini di Sirio Magnabosco (Istanbul) e Maja Slavec (Lubiana) restituiscono frammenti di un cammino che resta attuale, aperto, lacerante.

Nella monumentale Sala dell’Olimpo, sotto le nozze dipinte di Giove e Giunone, trova posto il secondo abito da sposa dell’artista, identico a quello indossato nel viaggio, realizzato in collaborazione con Byblos. Un simbolo che torna a brillare, questa volta protetto da un contesto che lo riconosce e lo custodisce.  L’ultima stanza è affidata alla luce. To shine (to Pippa), installazione luminosa di Cosimo Piovasco di Rondò – alter ego artistico di Marco Brianza – è una catena di lampadine a incandescenza che resteranno accese fino alla loro naturale estinzione. Una macchina fotografica automatica le immortala ogni ora, registrando il passaggio del tempo e la luce che cambia. Un gesto fragile, costante, irripetibile: proprio come l’arte di Pippa Bacca. «Pippa ha saputo trasformare il suo impegno artistico in un viaggio simbolico di incontro tra culture», ha dichiarato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi. E Milano, che le ha dedicato un giardino e ora questa mostra, risponde oggi con un innesto di memoria, cura e gratitudine.

Del resto guardare oggi all'opera di Pippa Bacca significa confrontarsi con una domanda che attraversa tutto l'artivismo contemporaneo: può l’arte modificare il reale? E se sì, a quale prezzo?  La sua performance non era solo un gesto simbolico, ma un'esposizione fisica estrema, una sfida al cinismo dominante. Travestita da sposa, Pippa metteva in scena il corpo come territorio politico e poetico, ponendosi – con deliberata vulnerabilità – al centro di uno spazio carico di tensioni geopolitiche e culturali. Il suo era un atto di fiducia radicale: in un mondo che alza barriere, lei attraversava confini. In un'epoca di sospetti e controllo, offriva apertura e disarmo. 

Per l’artivismo, questa è una lezione preziosa ma anche scomoda. Ci ricorda che l’arte non è sempre un territorio sicuro. Quando esce dalla galleria, dalla comfort zone della teoria, può farsi pericolosa, rischiosa, tragicamente reale. Ma proprio per questo urgente.  La mostra di Palazzo Morando non è un santuario, ma un laboratorio di senso. Gli innesti sono atti politici oltre che estetici: portano Pippa tra di noi, nelle nostre città ancora divise, nelle nostre democrazie ferite, nei corpi delle donne che ogni giorno rivendicano il diritto a viaggiare, a fidarsi, a essere libere.  Pippa Bacca non cercava martirio. Cercava alleanza, sguardi, ospitalità. In un tempo in cui la speranza viene spesso derisa come ingenuità, Sposa in viaggio ci costringe a ripensare la forza del gesto utopico. Non come illusione, ma come possibilità.

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