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Lo Speculum di Giosetta Fioroni. L'altra donna

Nicoletta Orlandi Posti
Nicoletta Orlandi Posti

Nicoletta Orlandi Posti è nata e cresciuta alla Garbatella, popolare quartiere di Roma, ma vive a Milano. Giornalista professionista e storica dell'arte, cura su LiberoTv la rubrica "ART'è". Nel 2011 ha scritto "Il sacco di Roma. Tutta la verità sulla giunta Alemanno" (editori Riuniti); nel 2013 con i tipi dello stesso editore è uscito "Il sangue politico": la prefazione è di Erri De Luca. Il suo romanzo "A come amore", pubblicato a puntate su Facebook, ha dato il via nel 2008 all'era dell'e-feuilleton. A febbraio del 2015 è uscito il suo primo ebook "Expo2051". Nel 2016 Castelvecchi ha pubblicato il suo libro "Le bombe di Roma"; nel 2019 è uscita la seconda edizione. Sta lavorando a un romanzo erotico. Il titolo del blog è un omaggio al saggio del prof Vincenzo Trione.

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Cinquanta anni fa, era il 1974, Luce Irigaray (Blaton, 1930) ha dato alle stampe uno dei testi più importanti di critica alla cultura occidentale patriarcale che marginalizza il femminile. Allieva di Jacques Lacan, Irigaray ne ha rielaborato le teorie, evidenziando i limiti del linguaggio fallico e proponendo una nuova simbolica del femminile. Nel saggio "Speculum. Dell’altra donna" l’autrice afferma la necessità di rappresentare e narrare il femminile secondo propri parametri e non come un’immagine riflessa del modello di riferimento tipicamente maschile.

Proprio a questo testo rimanda il titolo della mostra GIOSETTA FIORONI. SPECULUM, a cura di Cristiana Perrella, che ha inaugurato oggi alla galleria M77 di Milano. “Speculum è lo specchio concavo che deforma e non rimanda una copia conforme a quel modello ma che invece convoglia la luce e illumina la femminilità più profonda nella sua diversità", ha spiegato la curatice. Pur senza accenti militanti, l’opera di Fioroni ha sempre affermato questa differenza e la libertà che ne deriva – “ho lavorato molto non sul femminismo ma sulla femminilità”, ha tenuto a precisare più volte - la sua è una femminilità autodeterminata e fuori dai canoni imposti dalle convenzioni sociali, che vengono anzi decostruite e criticate con ironia, come nella sua famosa installazione performativa La spia ottica, del 1968 in cui una giovane donna nella sua stanza (alter ego dell’artista) viene guardata nelle sue attività dagli spettatori attraverso uno spioncino

Il percorso espositivo si apre con la sezione GUARDARE che comprende una serie di Argenti, opere realizzate nel corso degli anni Sessanta, dopo un lungo soggiorno a Parigi, dove utilizza stesure di smalto di alluminio come unico intervento pittorico sulla tela o sulla carta, accostato a segni di matita. 
Più vicino agli Specchi di Tano Festa che ai primi quadri specchianti di Pistoletto, l’uso dell’argento per Fioroni è funzionale a smaterializzare l’immagine, tracciata con tratto sintetico, come una silhouette, diventando un suo tratto distintivo.  L’isolamento delle figure argentate nello spazio senza colore le fa sembrare apparizioni in negativo, simili – come nota all’epoca il critico Alberto Boatto – alle immagini che affiorano sulla superficie delle lastre dei dagherrotipi, antenati della fotografia. I soggetti sono quasi sempre femminili, spesso tratti dai mass media o dalla storia dell’arte. Fioroni ne coglie il carattere iconico, per problematizzarlo e decostruirlo attraverso non solo l’uso del colore metallico e le rifrazioni da questo generate ma anche il gioco di moltiplicazione e ingrandimenti che le viene dalla passione per il cinema. Agli Argenti sono accostati tre brevi film in 16mm realizzati tra il 1967-68 (Gioco, La solitudine femminile e Coppie), che approfondiscono in altra direzione il tema dello sguardo sulle donne e sul rapporto maschile-femminile.  

Nella seconda sezione GUARDARSI sono esposti una serie di autoritratti che rappresentano diversi e successivi momenti del percorso dell’artista. Da Autoritratto a sette anni (1971-72), ancora un argento su tela, ai piccoli disegni su cartoncino nero degli anni Novanta dal tratto corsivo, dal potente dipinto di grandi dimensioni Vecchiaia, inermità (1998), alla scultura Giosetta con Giosetta a nove anni (2002), per arrivare alle fotografie della serie Senex realizzata nel 2002 con Marco Delogu, in cui l’artista si fa ritrarre evidenziando le trasformazioni operate dal tempo su di sé.


Terza e ultima sezione è ESSER GUARDATA che presenta una serie di ritratti fotografici di Giosetta Fioroni realizzati da diversi autori, da Mario Dondero a Ugo Mulas a Elisabetta Catalano, che tracciano una sorta di sua biografia per immagini e allo stesso tempo testimoniano un’altra direzione dello sguardo sul soggetto femminile di cui l’artista in questo caso si fa oggetto. Nelle foto Fioroni compare a volte con la macchina fotografica al collo o nell’atto di guardare il soggetto che dipinge, in una sorta di consapevole gioco di specchi.  


Per la mostra è stato realizzato un catalogo edito da M77 con le opere in mostra, il testo critico della curatrice e un ricco apparato di immagini d’archivio. Fino al 21 dicembre. Ingresso gratuito.

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