Libere per Costituzione, Chicchi e le altre donne che hanno fatto l'Italia
Mia mamma Anna è nata il 2 giugno 1946, con un atto di disobbedienza. Poteva venire alla luce nei tempi dettati dalla natura, nove mesi, e invece no. Ha aspettato un paio di settimane per tenere lontano dalle urne mia nonna. La madre, infatti, era innamorata della regina Elena, - icona secondo lei della donna moderna che sapeva elargire alla società le proprie doti e le proprie virtù - e al referendum sulla forma istituzionale dello Stato, tra Repubblica e Monarchia avrebbe votato per la monarchia. Per fortuna era bloccata a casa a partorire la terzogenita che nella sua pancia era arrivata a pesare quattro chili e mezzo. Mentre mia madre nasceva, nasceva anche la Repubblica e veniva eletta l'Assemblea Costituente cui spettò il compito di redigere la nuova carta costituzionale per la fondazione di una idea di cittadinanza repubblicana che trovò nella Costituzione una delle massime espressioni.
Le donne, quel giorno, per la prima volta potevano votare e venire elette. L’affluenza alle urne fu altissima, e la presenza delle elettrici fu particolarmente elevata: quasi il 90% delle aventi diritto espresse il loro voto riuscendo a portare in Parlamento 21 donne su un totale di 556 deputati: nove della Democrazia cristiana, nove del Partito comunista, due del Partito socialista e una dell'Uomo qualunque. Molte di loro aveva preso parte attiva alla Resistenza e alcune avevano combattuto come partigiane.
Le storie personali delle donne dell’Assemblea Costituente sono storie fatte di passione politica e impegno in prima persona durante gli anni della Seconda guerra mondiale e della Resistenza. Per questo val la pena mentre ci avviciniamo all'8 marzo, leggere - e magari leggere insieme alle nostre figlie e nipoti - il volume appena uscito per le edizioni Salani "Libere per Costituzione. Le 21 donne che hanno fatto l'Italia" firmato da Valeria De Cubellis e Margherita Madeo con le illustrazioni di Serana Riglietti e la prefazione di Benedetta Tobagi.
Si tratta di un volume prezioso e agile perché con un linguaggio chiaro e tante belle illustrazioni, fa appassionare alla "vita comune" delle nostre madri costituenti a partire da quel 2 giugno 1946, un grande giorno per l'Italia. Quel giorno ai seggi le donne stringevano le loro tessere elettorali, ancora intonse. Attendevano pazienti in fila e quando era il loro turno si toglievano il rossetto per non invalidare, nella chiusura della scheda, il loro voto. "Queste donne hanno lottato per tutte noi, maschi o femmine, ricchi o poveri, nell'infinita diversità umana. Adesso", puntualizza Benedetta Tobagi nella prefazione, "tocca a noi fare come loro: guardarci intorno, capire chi siamo davvero, trovare il nostro posto nel mondo e scoprire in che modo possiamo contribuire per fare assomigliare sempre di più la realtà in cui viviamo all'ideale disegnato dalla Costituzione".
E a proposito di otto marzo, tra le ventuno madri della Costuzione, c'è anche chi ha usato per la prima volta la mimosa come simbolo di lotta e sorellanza: Teresa Mattei, nome di battaglia Chicchi, la più giovane delle elette (aveva 25 anni), nonché ragazza madre, che assunse l'incarico dell'Ufficio di presidenza. Ebbene fu lei, combattente nella formazione garibaldina Fronte della Gioventù con la qualifica di comandante di compagnia, a proporre il fiore durante una interminabile riunione per la scelta del simbolo della festa reintrodotta dopo essere stata vietata durante il Ventennio perché considerata troppo di sinistra. I notabili del Partito comunista volevano la violetta, simbolo della sinistra europea, ma le parlamentari si opposero: era un fiore costoso e difficile da trovare. Troppo ricercato. Chicchi fece notare che "la campagna nei dintorni di Roma profumava tutta di mimosa" e la mimosa sì, che era un fiore povero, e facile da trovare ovunque. "Era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette", ricordò Teresa Mattei. "Mi ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente". Luigi Longo, futuro segretario del partito, rimase incantato. Proposta accettata.
Fu così che la mimosa divenne il fiore delle donne. Teresa Mattei, invece, vide ben presto infrangersi dentro il palazzo del potere l’illusione di una parità di genere che aveva visto durante la guerriglia partigiana: "Le donne in guerra avevano guidato treni, fatto le postine. Finita la guerra erano state rimandate a casa". Venne messa all’angolo persino dal suo partito, più bigotto di quanto non volesse lasciare intendere. Quando rimase incinta di un uomo sposato, si rifiutò di abortire come le aveva ordinato Togliatti. "Le ragazze madri in Parlamento non sono rappresentate, dunque le rappresento io", si impuntò, diventando, agli occhi del capo, "la maledetta anarchica". Lei se ne sbattè e iniziò a denunciare la dittatura del compagno Stalin. Un peccato imperdonabile, nel Pci alleato della Russia. Non si fece più eleggere, Teresa Mattei. Non poteva. Continuò a fare politica in mezzo alla gente, alle donne e ai bambini fino all'ultimo dei suoi giorni. Chicchi è morta nel 2013, all'età di 92 anni: era l'ultima madre costituente.