Dall'Italia al Messico, l'urlo delle donne contro la violenza machista: "Vogliamo restare vive"
“Vivas nos queremos”. Se non fosse abbastanza chiaro significa: “Vogliamo restare vive”. Lo urlano ogni giorno le femministe dell’America Latina opponendosi alle molestie, alla violenza, ai femminicidi: maggiore è il numero delle donne che li subiscono, più forte è la lotta. “Vivas nos queremos” è un grido di dolore e di denuncia che la street artist Laika ha tradotto nell'immagine potente della sua ultima sua opera lasciata sui muri di Ciudad Juarez nello stato di Chihuahua del Messico, città nota per detenere il triste primato del più alto numero di femminicidi al mondo: negli ultimi trent'anni sono state assassinate oltre 2300 donne.
L'opera di Laika ritirae una militante femminista con il volto coperto e il pugno alzato in segno di lotta, circondata da rose e da una croce rosa, per ricordare Giulia Cecchettin e "tutte coloro che a casa non sono tornate”. Sulla sua maglietta compare la celebre frase "Ni Una Mas" della poetessa Susana Chavez, divenuto sinonimo di lotta per le donne di tutto il mondo. Il braccio della donna, invece, è caratterizzato da tatuaggi che omaggiano l'organizzazione militante transfemminista italiana "Non Una di Meno" e la casa delle donne "Lucha y Siesta" di Roma, che in 15 anni ha ospitato oltre 1000 donne e che la Regione Lazio vuole chiudere. In alto a destra compare il grande simbolo dell'associazione "Nuestras Hijas de regreso a casa", fondata a Ciudad Juarez dalla maestra attivista Marisela Ortiz e da Norma Andrade, madre di Lilia Alejandra, scomparsa il 14 febbraio del 2001 e ritrovata morta in un terreno abbandonato una settimana dopo. In basso campeggia la scritta "VIVAS NOS QUEREMOS!”.
“Essere a Ciudad Juarez rappresenta per me una dichiarazione di guerra contro la violenza machista, una piaga di portata mondiale che deve essere estirpata”, ha spiegato Laika. “Nel mio paese, una donna viene uccisa circa ogni tre giorni, mentre in Messico le donne uccise sono circa 11 al giorno; è inaccettabile! Il mio poster è un grido di lotta che esorta a combattere tutt* insieme, dall'Italia al Messico. A Juarez, lo Stato conosce i colpevoli, sa dove abitano, ma restano impuniti, alimentando così ulteriore violenza. Il femminicidio qui è strutturale, sistemico”.
Il poster è stato affisso in calle Ignacio Mejia, nel centro della città, nel cuore di uno dei principali centri operativi de “La Linea”, unità armata del Cartel de Juarez, responsabile di numerosi rapimenti ed efferati femminicidi, a pochi passi da una delle tante “Casas de seguridad”, luoghi di traffici illegali e violenza, dove spesso le donne scomparse vengono rinchiuse, violentate, torturate e poi uccise. A pochi passi dal luogo in cui ieri è stato trovato il corpo senza vita di una donna. “Il poster gliel’ho messo in casa loro, ai Narcos, mentre guardavano", ha puntualizzato la street artist, "perché devono ricordarsi sempre quello che sono: criminali assassini e violentatori. Non sarei mai riuscita a fare questo blitz senza il coraggio e il sostegno delle militanti di Ciudad Juarez”.
Una seconda copia, infatti, è stata affissa presso il Museo Regional Valle de Juarez, a San Agustin (altro luogo con un altissimo tasso di criminalità e di femminicidio), in un blitz realizzato assieme a Marisela Ortiz, attivista femminista costretta a vivere in esilio negli USA per le sue battaglie, e Lluvia Rocha, attivista e coordinatrice del progetto "Rostros de feminicidio”, un percorso di più di 150 murales che venivano realizzati ogni volta che una ragazza veniva rapita e uccisa. “Sono venuta qui, in questo luogo di morte, con tutti i rischi che comporta, per gridare al mondo: basta a questa strage, a questa violazione dei diritti umani, prodotto di un sistema patriarcale che non ha più ragione di esistere”, conclude Laika. “Bisogna ripartire dall’educazione per sradicare la violenza di genere. È una battaglia urgente perché i numeri dei femminicidi sono in costante aumento". Ci vediamo domani in piazza: "Ni una más, ni una menos".