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Ai Weiwei, il docufilm sulla Palestina e la mostra censurata a Londra

Nicoletta Orlandi Posti
Nicoletta Orlandi Posti

Nicoletta Orlandi Posti è nata e cresciuta alla Garbatella, popolare quartiere di Roma, ma vive a Milano. Giornalista professionista e storica dell'arte, cura su LiberoTv la rubrica "ART'è". Nel 2011 ha scritto "Il sacco di Roma. Tutta la verità sulla giunta Alemanno" (editori Riuniti); nel 2013 con i tipi dello stesso editore è uscito "Il sangue politico": la prefazione è di Erri De Luca. Il suo romanzo "A come amore", pubblicato a puntate su Facebook, ha dato il via nel 2008 all'era dell'e-feuilleton. A febbraio del 2015 è uscito il suo primo ebook "Expo2051". Nel 2016 Castelvecchi ha pubblicato il suo libro "Le bombe di Roma"; nel 2019 è uscita la seconda edizione. Sta lavorando a un romanzo erotico. Il titolo del blog è un omaggio al saggio del prof Vincenzo Trione.

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L'artista cinese Ai Weiwei, attivista per la libertà di espressione e per i diritti umani, ha denunciato di aver subito una censura, "seppur nel suo stesso interesse", dopo che la Lisson Gallery di Londra ha cancellato "per evitare ulteriori dispute" l'inaugurazione di una mostra con sue nuove opere, a causa di un suo tweet sulla guerra fra Israele e Hamas poi cancellato. "Non c'è spazio per un dibattito che possa essere considerato come antisemita o islamofobico nel momento in cui tutti gli sforzi dovrebbero andare verso la fine della tragica sofferenza nei territori israeliani e palestinesi", ha precisato con una nota la Lisson Gallery, una delle più influenti gallerie di arte contemporanea nel mondo che rappresenta artisti del calibro di Anish Kapoor, Tony Cragg, Sol LeWitt, Richard Long, Daniel Buren, Donald Judd e Carl Andre

"Sono stato cancellato", ha invece protestato il dissidente cinese dopo che il giornale The Art Newspaper aveva dato la notizia del rinvio a tempo indeterminato della rassegna che avrebbe dovuto aprire oggi. "A mio parere", ha puntualizzato Ai Weiwei tutte le opinioni possono essere espresse, anche quando non sono corrette. Opinioni scorrette dovrebbero essere specialmente incoraggiate. Se la libertà di espressione dovesse esser limitata a un solo tipo di opinione diventerebbe un imprigionamento dell'espressione". 

 

GUARDA IL DOCUMENTARIO GIRATO DA AI WEIWEI IN PALESTINA

 

 

"Il senso di colpa per la persecuzione degli ebrei, a volte, si è trasferito per piegare il mondo arabo", aveva scritto nel tweet rimosso da X l'artista cinese al quale si può dire tutto tranne che non conosca bene la questione palestinese e le condizioni di vita della comunità sia a Gaza che in Cisgiordania. Nel maggio 2016 era riuscito a raggiungere la Striscia assediata per raccogliere materiale necessario ad un documentario sul fenomeno dei profughi in Medio Oriente, ed in particolare su quelli palestinesi. L'anno dopo è uscito il film Human Flow presentato poi in concorso alla 74sima mostra internazionale del Cinema di Venezia dove ha ottenuto una menzione speciale.

Proveniente da Israele, Ai Weiwei è passato dal valico di Rafah, fra Gaza e il Sinai egiziano, documentando le sofferenze di quanti cercavano invano di entrare in Egitto. In quei giorni, dopo una chiusura di tre mesi, era stata finalmente autorizzata la uscita di una decina di autobus con 500 persone mentre la lista di attesa includeva 20-30 mila nomi. Ai tempi il valico restò aperto solo per tre giorni. La troupe di Ai Weiwei è andata anche nel campo profughi di Shati, presso Gaza, per raccogliere le testimonianze di profughi, soprattutto quelle di ragazze e ragazzi. Le giornate scelte per questo lavoro coincidevano con le solenni celebrazioni della Naqba in cui i palestinesi ricordano la "Catastrofe" della fondazione di Israele (15 maggio 1948) e l'inizio della dispersione del loro popolo. 

 

Val la pena ricordare anche la grande installazione di Ai Weiwei su Palazzo Strozzi in occasione della sua mostra Libero fortemente voluta dal direttore Arturo Galansino.  Reframe (Nuova cornice) era realizzata con ventidue grandi gommoni di salvataggio arancioni ancorati alle finestre del piano nobile del palazzo rinascimentale nel centro di Firenze. Un progetto che aveva portato l’attenzione sui destini dei profughi che ogni giorno rischiano la vita per arrivare in Europa attraversando il Mediterraneo. L’opera ammonisce e fa riflettere. Questa volta la critica di Ai Weiwei non è diretta alla Cina ma all’Occidente, ricordando la tragedia vissuta da coloro che intraprendono un viaggio quasi impossibile verso le coste europee. Le leggere imbarcazioni sulla facciata rimandano alle fragili strutture a cui i rifugiati sono costretti ad aggrapparsi in mare ed evocano, al contempo, come i migranti tentino di innestare se stessi in un luogo altro, in un ambiente sconosciuto quale è l’Europa, con un’impostazione socioculturale profondamente diversa.

 

 

 

 

Attraverso le sue azioni e opere come Reframe, Ai Weiwei dimostra di vedere il mondo in una prospettiva diversa e di comunicarci una visione dell’arte rivolta alla ricerca del significato più profondo dell’essere umano. Anche per questo è stato definito un moderno “Uomo del Rinascimento”: un artista che – attraversando generi artistici diversi, dall’architettura al cinema, dalla fotografia alla poesia, dalla scultura alla pittura – può trasformare un manufatto o un oggetto inerte, come un gommone, nel grido lacerante dell’umanità. Ai Weiwei non è semplicemente una delle tante star del sistema dell’arte contemporanea e nemmeno soltanto un attivista, ma è piuttosto un libero pensatore che vuol dare all’arte un importantissimo ruolo sociale e politico, nel senso più nobile del termine.

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