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Un nigeriano in braccio alla Madonna: la Pietà di Fabio Viale scandalizza, ma non dovrebbe

Nicoletta Orlandi Posti
Nicoletta Orlandi Posti

Nicoletta Orlandi Posti è nata e cresciuta alla Garbatella, popolare quartiere di Roma, ma vive a Milano. Giornalista professionista e storica dell'arte, cura su LiberoTv la rubrica "ART'è". Nel 2011 ha scritto "Il sacco di Roma. Tutta la verità sulla giunta Alemanno" (editori Riuniti); nel 2013 con i tipi dello stesso editore è uscito "Il sangue politico": la prefazione è di Erri De Luca. Il suo romanzo "A come amore", pubblicato a puntate su Facebook, ha dato il via nel 2008 all'era dell'e-feuilleton. A febbraio del 2015 è uscito il suo primo ebook "Expo2051". Nel 2016 Castelvecchi ha pubblicato il suo libro "Le bombe di Roma"; nel 2019 è uscita la seconda edizione. Sta lavorando a un romanzo erotico. Il titolo del blog è un omaggio al saggio del prof Vincenzo Trione.

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In questi giorni le nostre caselle di posta elettronica si sono riempite di auguri per l'imminente Pasqua illustrati con le immagini più varie: disegni, fotografie, opere d'arte che evocano la risurrezione di Gesù Cristo, che ha sconfitto la morte e salvato l'umanità dal peccato originale. Scorrendo la mole di mail mi sono imbattuta in quella di un caro amico che ha scelto di accompagnare le sue bellissime parole con un'opera d'arte altrettanto bella e potente. Si tratta della Pietà di Fabio Viale esposta per la prima volta alla Galleria Poggiali di Milano nel 2018. Un'opera d'arte contemporanea che si rifà al tema iconografico della tradizione figurativa cristiano-cattolica riferito a uno dei sette dolori di Maria Addolorata: la deposizione dalla croce del figlio. Un momento preciso narrato dal Vangelo, al quale Fabio Viale ha dato forma attraverso una fedelissima copia in marmo della Pietà di Michelangelo, in scala 1:1, con però un ragazzo africano in carne e ossa abbandonato nudo sul grembo della Madonna.  

Il giovane nigeriano di 22 anni è sfuggito a morte e persecuzione certa dal suo Paese; Fabio Viale lo ha conosciuto in un centro di accoglienza per rifugiati di Torino. Lucky Ehi, questo il suo nome, è di religione cristiana – sul suo braccio destro è tatuata una croce – e proprio per la sua fede è stato costretto ad andar via dal suo Paese. I visitatori della mostra alla Galleria Poggiali hanno ascoltato una registrazione audio in cui Lucky raccontava la sua storia.

Oltraggio alla storia dell'arte? Strumentalizzazione di temi importanti e gravi come quella delle migrazioni e dell'accoglienza? Blasfemia? Dissacrazione? Niente di tutto questo. Si legge sul Vangelo: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Ogni volta che avete fatto una di queste cose a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. È Gesù stesso a consentire la sostituzione del corpo, insegnandoci che possiamo riconoscere veramente la sofferenza di ciascun uomo mettendola al posto di quella di Cristo. 

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