Zanele Muholi, la necessità di essere attivista. Nei suoi scatti politica, stereotipi, questioni di genere
Da dieci anni Zanele Muholi (Umlazi, Sud Africa 1972) - una delle voci più interessanti del visual activism - è tra i più celebrati artisti contemporanei. Ma Muholi ama definirsi attivista, ancora prima di artista. Ambassador di spicco della comunità LGBTQ+, la sua arte indaga temi come razzismo, eurocentrismo, femminismo e politiche sessuali, ed è in continua trasformazione. I suoi mezzi espressivi sono la scultura, la pittura, l'immagine in movimento, ma è con la fotografia, e in particolare con la serie di autoritratti - iniziata nel 2012 e ancora in corso - “Somnyama Ngonyama” (Ave, Leonessa Nera), che Muholi riceve il plauso planetario in un crescendo di mostre nei più prestigiosi musei del mondo: dalla Tate Modern di Londra a mostre personali al Goethe-Institut Johannesburg (2012), al Brooklyn Museum, New York (2015) allo Stedelijk Museum, Amsterdam (2017), al Museo de Arte Moderno in Buenos Aires (2018), solo per citarne alcuni.
Ma Muholi si è anche impegnata per creare spazi sicuri e inclusivi per le persone queer e trans in Sudafrica. Nel 2002, ha fondato Inkanyiso, una organizzazione senza scopo di lucro che si concentra sull'arte, la cultura e la visibilità delle persone LGBTQ+. Inkanyiso ha organizzato diverse mostre d'arte e eventi culturali e ha fornito una piattaforma per le persone queer e trans per esprimersi e connettersi.
A lei è dedicata la mostra “Muholi. A Visual Activist”: un progetto attraverso cui il Mudec – Museo delle Culture di Milano porta in Italia una selezione - curata da Biba Giacchetti e dall’artista - di oltre 60 immagini che spaziano dai primissimi autoritratti ai più recenti lavori. L'esposizione, che apre al pubblico venerdì 31 marzo 2023, è promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE in collaborazione con SUDEST57, e vede come Institutional Partner Fondazione Deloitte.