Violenza assistita in famiglia, cosa prevede la legge (tra alcune criticità)
Per violenza assistita si intende il fare esperienza, da parte di un bambino o di una bambina, di una qualsiasi forma di maltrattamento (fisico, verbale, sessuale, psicologico) sulle proprie figure di riferimento, per lo più sulle madri. Si configura la violenza assistita, in altre parole, quando i più piccoli assistono alla violenza – qualsiasi essa sia – posta in essere contro i loro genitori. Per esempio, il padre che picchia o denigra la madre proprio sotto gli occhi dei figli.
Si tratta di una realtà, a volte troppo silente, che causa ferite indelebili per i bambini. Ferite che possono condizionare pesantemente le traiettorie esistenziali dei minori. Questi ultimi, infatti, proprio per aver assistito alla violenza contro la loro mamma, vivono una realtà fatta di paura, allerta continua, solitudine, impotenza e rabbia. Inoltre, maturano e provano un senso di colpa indebito per non poter tutelare la loro madre. Come se spettasse a loro. Questi bambini, loro malgrado, imparano modelli di relazione caratterizzati da violenza e sopraffazione che poi, da adulti, riproporranno. Quello, d’altra parte, è l’esempio che hanno ricevuto e che ha contribuito a scrivere la loro storia e a riempire le pagine bianche della loro innocenza.
Ecco perché i minori non sono solamente spettatori della violenza, ma ne rappresentano le vere e proprie vittime. La violenza assistita, del resto, è un reato autonomo dal punto di vista giuridico.
I più recenti dati dell’OMS (organizzazione mondiale della Sanità), proprio in merito alla violenza sui bambini, parlando di 55 milioni di bambini vittime di violenza ogni anno. Tra questi, vi sono i minori vittime di violenza assistita e proprio questi numeri indicano quanto il fenomeno sia diffuso. Spesso, poi, i bambini vittime di violenza assistita sono anche vittime della violenza diretta degli adulti. Nelle famiglie nelle quali l’aggressività è all’ordine del giorno, infatti, regna una logica in forza della quale donne e bambini sono ugualmente inferiori e, perciò, meritevoli di essere “educati” alla stessa maniera ogni volta che commettono quello che l’aggressore reputa un errore oppure anche solamente quando compiono un’azione ritenuta di disturbo.
Il nodo importante da sciogliere è quello di individuare e riconoscere i casi nei quali effettivamente regna la violenza assistita. Ecco perché è fondamentale rivolgersi e farsi aiutare da figure (avvocati, psicologici, centri antiviolenza) specializzate sul tema e che, quindi, ne conoscono le varie sfaccettature, i rimedi, i possibili sviluppi e possono, magari, prevenire e intercettare qualche problema.
Capita, infatti, che, con superficialità o inesperienza, tutto venga ricondotto alla mera conflittualità coniugale/genitoriale di due adulti in fase di separazione e che, quindi, prevalga il diritto alla bigenitorialià piuttosto che la volontà e l’interesse del figlio a vedere e frequentare indistintamente la madre e il padre.
Questo, purtroppo, anche a causa delle troppe situazioni nelle quali, al contrario, si parla di violenza senza cognizione, senza che esista davvero e solo per fini strategici per tentare di ottenere quanto più possibile dalla separazione. Nel mare di cause giudiziali (o di denunce) nelle quali la violenza viene richiamata, quindi, è difficile (ma è necessario) filtrare i casi nei quali si tratta di una mera difesa strategica e quando si tratta di veri e propri casi di violenza assistita. E questo è un compito che spetta, ognuno nelle proprie competenze, a tutti: le forze dell’ordine, gli avvocati, i giudici, i servizi sociali e così via.
Oggi, sebbene alcune criticità sussistano, la nostra legge prevede varie misure di tutela e protezione per i più piccoli, nonché sempre maggiori spazi di attenzione e di ascolto. Sia in termini di prevenzione sia in termini di riparazione.
avv. Marzia Coppola
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Studio legale Bernardini de Pace