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I figli maggiorenni tornano a casa nel fine settimana, la casa rimane assegnata 

Marzia Coppola
Marzia Coppola

Avvocato matrimonialista, educata alla resilienza e alla libertà. Laureata in Italia e in Francia, ho continuato gli studi per diventare anche avvocato della Sacra Rota. Mi occupo di diritto di famiglia a 360 gradi (e più!). Convinta che anche dalla relazione peggiore si possa imparare qualcosa.

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Nel contesto della separazione o del divorzio il principio generale imposto dalla legge, prevede che la casa familiare debba rimanere assegnata al genitore con il quale i figli vivono per la maggior parte del tempo (il c.d. genitore collocatario). Indipendentemente da chi sia il proprietario dell’immobile (addirittura i proprietari possono essere i nonni che hanno concesso in comodato l’abitazione che, in caso di assegnazione, non potranno averla indietro per molti anni). 
Il genitore che vive prevalentemente con i bambini, nella maggior parte dei casi la mamma, potrà dunque continuare a vivervi fino a quando durerà la convivenza con i figli. Non è prevista una durata massima/ minima specifica oppure un’età entro la quale il diritto all’assegnazione della casa viene meno, ma si tiene conto della vera e propria convivenza dei figli con il genitore collocatario. Quindi: finché i figli vivono con il genitore collocatario, quest’ultimo avrà diritto a vivere nell’abitazione familiare. 
Pertanto quando il figlio, per esempio di 28 anni, decide di trasferirsi altrove per andare a convivere con la propria fidanzata, verrà meno il diritto della madre collocataria a vivere nell’immobile familiare che era stato a lei assegnato. 
In un’ipotesi come questa non ci sono dubbi nell’individuare il momento nel quale il figlio effettivamente vive con la mamma nella casa familiare e quando, invece, sarà altrove e in un’altra abitazione avrà costruito la propria quotidianità, avrà tutti i propri indumenti, il computer per il lavoro e così via. 
Ma non tutte le storie sono così chiare e lampanti e, quindi, in alcuni casi, è difficile individuare il confine tra un momento e l’altro. 
La situazione che crea maggiori conflitti e punti interrogativi è quella nella quale un figlio, che viveva nella casa familiare con un genitore, inizia l’università e, quindi, si trasferisce per qualche notte alla settimana a vivere altrove. Senza, tuttavia, “sradicarsi” completamente dalla casa d’origine dove, per esempio, torna ogni fine settimana oppure dove tiene la maggior parte dei propri effetti personali (abbigliamento, libri, attrezzatura sportiva e così via) o dove porta i propri indumenti sporchi a lavare.  
In ipotesi come questa la giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche con una recentissima sentenza di pochi giorni fa, si è pronunciata affermando che il diritto all’assegnazione della casa permane anche quando il figlio è maggiorenne (ma non è autosufficiente economicamente) e torna a casa nel fine settimana. La Suprema Corte, ha argomentato questa decisione ritenendo che si può parlare di convivenza con il genitore collocatario anche qualora il figlio, sebbene non dorma tutte le notti nella casa familiare, vi faccia ritorno con frequenza mantenendo, in questo modo, le consuetudini di vita e le relazioni sociali che in quell’ambiente si sono radicate. 
Riassumendo, quindi, la possibilità del genitore collocatario di vivere nell’abitazione familiare verrà definitivamente meno solo nel momento nel quale il figlio avrà completamente trasferito altrove il centro delle proprie attività e dei propri interessi. 

Avv. Marzia Coppola
[email protected]
Studio legale Bernardini de Pace

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