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I genitori separati che si denigrano perdono l'affidamento dei figli

Marzia Coppola
Marzia Coppola

Avvocato matrimonialista, educata alla resilienza e alla libertà. Laureata in Italia e in Francia, ho continuato gli studi per diventare anche avvocato della Sacra Rota. Mi occupo di diritto di famiglia a 360 gradi (e più!). Convinta che anche dalla relazione peggiore si possa imparare qualcosa.

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Troppe volte la separazione e il divorzio diventano il contesto perfetto per una gara di caduta rapida verso il basso. Insulti, cattiverie, offese, ritorsioni e ripicche. Tutto senza esclusione di colpi, senza scrupoli e, purtroppo, senza curarsi del fatto che gli spettatori di questa irruenta tragicommedia siano i figli. 
Litigare, urlare, piangere, denigrare e discutere davanti ai minori può danneggiare l’equilibrio psicofisico dei bambini. Può creare in loro traumi che si porteranno dietro anche quando saranno grandi e che si ripercuoteranno nelle loro relazioni. Da molto tempo, ormai, questi comportamenti sono considerati veri e propri maltrattamenti in famiglia e assumo rilevanza penale. Si parla, in particolare, di violenza assistita che è una forma di abuso minorile che obbliga il minore ad assistere passivamente alle discussioni di mamma e papà e a subirne le conseguenze dal punto di vista psicologico. Nei casi più drammatici, i bambini possono anche iniziare a provare ansia, paura, nervosismo, attacchi di panico e così via. 
Proprio per la gravità di questi comportamenti, di recente, la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è pronunciata sostenendo che va negato l’affidamento condiviso a quei genitori che litigano violentemente e continuamente davanti ai bambini e che si denigrano a vicenda svalutando l’altro. I giudici, infatti, che vedendo mamma e papà talmente accecati dall’odio reciproco da non essere più in grado di scindere la sfera coniugale da quella genitoriale, hanno ritenuto opportuno limitare la loro “sfera d’azione”. Questo perché se mamma e papà litigano, si insultano e lo fanno davanti ai loro bambini senza rendersi conto di quello che i piccoli potrebbero “assorbire” da queste discussioni, come potranno sviluppare una solidarietà genitoriale tale da riuscire a decidere, per esempio, quale scuola individuare per l’iscrizione dei bambini? Come potranno scegliere il medico al quale affidarsi o più banalmente chi e a che ora debba andare a prendere/portare i figli? 
Allora questi genitori si troveranno, da un lato, a tenere comportamenti tali da pregiudicare il benessere psichico dei figli, dall’altro, comunque, a non riuscire a prendere le decisioni più importanti per loro. Ecco perché in ipotesi come quella descritta il Giudice si è pronunciato per la sospensione della responsabilità genitoriale (almeno finché mamma e papà non deporranno le armi e dimostreranno che la conflittualità è scemata). In parallelo il Giudice nominerà un tutore (temporaneo) che avrà il compito di assumere le decisioni di “straordinaria amministrazione”. Mamma e papà dovranno occuparsi delle decisioni di ordinaria gestione dei figli nei periodi di rispettiva permanenza. 
Ora, chiaramente, decisioni di questo tenore non possono essere generalizzate e non è pensabile che per ogni coppia litigiosa corrisponda la nomina di un tutore. 
In ogni caso, alla luce di questa possibilità ormai conclamata dalla Corte Suprema, mamma e papà potranno essere più accorti e riflettere sul fatto che ogni bambino cresce in risonanza con i propri genitori. Nel bene e nel male.  

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Studio legale Bernardini de Pace

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