Il cognome dei figli: solo quello paterno o anche quello materno?
Quando una coppia sposata mette al mondo un figlio, vige la presunzione di paternità (ossia la presunzione che il marito sia il padre del bambino) e il minore assume automaticamente il cognome del papà. Quando un bambino nasce da genitori sposati, quindi, non può portare solo il cognome della mamma (fatte salve poche e specifiche ipotesi).
Se, invece, nasce un figlio da una coppia non sposata, sarà necessario un formale adempimento da parte del padre affinché il minore sia da lui riconosciuto (in altre parole, non vige il principio di presunzione di paternità). Se l’uomo riconosce il bambino, il minore assumerà il cognome del padre. Qualora, invece, l’uomo non dovesse riconoscere il minore quest’ultimo assumerà il cognome della madre. Allo stesso modo, il bambino prenderà il cognome della mamma se il padre dovesse riconoscerlo solo in un secondo momento (e, quindi, dopo che il minore sia già stato riconosciuto dalla mamma). Tuttavia, in quest’ultima ipotesi, i genitori saranno invitati a esprimere la loro preferenza proprio in merito all’opportunità di lasciare al bambino il cognome della mamma o se sostituirlo con quello del papà. Per esempio, se un figlio è adolescente, ha collezionato successi nel mondo della moto cross ed è stato oggetto di cronaca sportiva, per lui sarebbe certamente pregiudizievole modificare il proprio cognome. Infatti, in questo caso, rischierebbe di creare confusione e perdere notorietà.
E se la mamma vuole trasmettere il proprio cognome al figlio può farlo?
Se mamma e papà sono d’accordo, al momento della nascita, possono decidere di registrare il neonato con il doppio cognome cioè con il cognome materno che segue quello paterno. E questa facoltà vale sia per i figli nati nel matrimonio sia fuori.
Come tutte le vicende familiari, però, capita di non trovarsi d’accordo e di avere punti di vista inconciliabili. Il padre, infatti, potrebbe imporsi perché il cognome resti solamente il proprio. In questo caso la mamma, se non intende arrendersi davanti al rifiuto paterno, potrà rivolgersi alla Prefettura del luogo della propria residenza depositando un’istanza contenente la richiesta di attribuzione del proprio cognome al figlio nonché le motivazioni che fondano la domanda. A questo punto la Prefettura attiverà tutte le ricerche necessarie per verificare quale sia il punto di vista del padre, le ragioni per le quali si oppone, l’importanza delle motivazioni che spingono la madre alla richiesta e, in generale, quale sia la soluzione che maggiormente tutelerebbe l’interesse e la crescita serena del bambino. Dopo queste verifiche, il Prefetto, potrà emettere un decreto di modifica del cognome.
In ogni caso, sul punto, la legge italiana, dimostra di essere ancora acerba e di non aver – del tutto – superato la concezione patriarcale della famiglia. Infatti, a mio avviso, impedire alla donna di trasmettere il proprio cognome, quanto meno in quei casi nei quali lei ha questo fermo desiderio, rappresenta una violazione del principio di uguaglianza.
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Studio legale Bernardini de Pace