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Vita ai tempi del coronavirus, le conseguenze per i padri separati

Marzia Coppola
Marzia Coppola

Avvocato matrimonialista, educata alla resilienza e alla libertà. Laureata in Italia e in Francia, ho continuato gli studi per diventare anche avvocato della Sacra Rota. Mi occupo di diritto di famiglia a 360 gradi (e più!). Convinta che anche dalla relazione peggiore si possa imparare qualcosa.

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Il lockdown ha messo, e sta mettendo, a dura prova tutte le famiglie italiane. Tra coloro che stanno soffrendo ci sono alcuni papà separati che non possono coltivare la loro quotidianità con i figli. Alcune famiglie, infatti, si sono accordate affinché i minori rimangano in “pianta stabile” nella casa del genitore presso il quale vivono prevalentemente (nella stragrande maggioranza dei casi quella della madre). La scelta di non far spostare in continuazione i bambini, a mio avviso, è intelligente perché, in questo modo, si evita che siano esposti al rischio di contagio ogni volta che si muovono da una casa all’altra. Certamente, però, questo implica che il genitore non collocatario perda ore, giorni e settimane con i più piccoli. 

La notizia positiva è che, quando sarà finita la quarantena, tutto il tempo non goduto con i figli potrà essere recuperato. Per esempio, allungando il periodo delle vacanze, organizzando fine settimana lunghi, prevedendo che siano di spettanza paterna anche tre weekend al mese e così via. 

Un altro tema, che interessa e preoccupa molti padri separati, è rappresentato dalla difficoltà di continuare a contribuire al mantenimento dei loro bambini. Problema che è certamente conseguenza dell’inevitabile crollo economico che la crisi sanitaria sta portando con sé.  Naturalmente, però, questa difficoltà economica è da contemplare con il fatto che le esigenze dei bambini continuano a essere le stesse e le relative spese non si possono mettere in stand-by. A ogni modo, laddove intervenga una contrazione economica rilevate, è possibile – sempre – modificare le condizioni previste dalla separazione / divorzio (o dalle disposizioni per i figli nati fuori dal matrimonio). La modifica può avvenire consensualmente, e quindi essere concordata tra i genitori, oppure può essere giudiziale quando è una delle parti a rivolgersi al giudice affinché intervenga. La richiesta di modifica è uno strumento davvero potente perché può essere utilizzato in qualsiasi momento a un’unica condizione: che sia intervenuto un fatto nuovo che sposta l’assetto esistente in precedenza. Fatto nuovo che, evidentemente, per quanto in questa sede interessa, è costituito dalla riduzione delle entrate economiche. Questo dato deve avere un’incidenza effettiva sulla capacità economico-patrimoniale del richiedente perché, se la riduzione non è sensibile (e documentabile), difficilmente il Giudice disporrà la modifica del contributo paterno al mantenimento dei minori.  

Presto i tribunali torneranno a svolgere la loro attività e sarà possibile chiedere al Giudice l’emissione di un provvedimento che sia in linea con la situazione economica venutasi a creare. 

Nel frattempo, però, è importante non sottrarsi al dovere di mantenimento perché la strada dell’“auto-difesa” può avere conseguenze sia in ambito civile sia in ambito penale. Conseguenze che, evidentemente, aggiungerebbero alla difficoltà economica, quella conciliativa (o anche solo comunicativa) con l’altro genitore e che, soprattutto, priverebbero i minori del diritto di essere mantenuti da entrambi i genitori, proporzionalmente alle rispettive sostanze. 

di Avv. Marzia Coppola
[email protected]
Studio legale Bernardini de Pace

 

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