Coronavirus e famiglie, l'emergenza continua
L’emergenza coronavirus è ancora in corso e porta con sé sia l’emergenza economica sia quella familiare, caratterizzata da genitori separati in preda alla malinconia o alle discussioni. Genitori dibattuti e confusi dal susseguirsi dei decreti e dalle varie interpretazioni che di questi sono state offerte.
Facciamo ordine. I primi decreti hanno imposto a tutti i cittadini di non uscire da casa se non per situazioni di estrema urgenza. Ci si è, quindi, subito chiesti se gli spostamenti dei genitori separati per incontrare i loro bambini rientrassero in queste ipotesi e, il Governo, sul sito internet ufficiale, ha confermato tale possibilità. È stato chiarito, infatti, che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio”.
Anche i provvedimenti dei vari tribunali italiani, si sono pronunciati in questa direzione. Decisioni che hanno alimentato, a mio avviso fondatamente, il malcontento e le preoccupazioni di moltissimi genitori spaventati dal fatto che in piena pandemia mondiale, i minori si debbano spostare da un luogo all’altro per rispettare il calendario di visite con mamma e papà. Perché non bisogna dimenticare che quasi metà delle famiglie italiane sono caratterizzate da genitori separati e, la scelta sopra descritta, in un certo senso, autorizza mezza Italia a continuare a viaggiare indisturbati.
Successivamente, con il più recente decreto (21 marzo), è stato imposto il divieto di spostarsi da un Comune all’altro. Di conseguenza, anche le indicazioni sul sito del Governo sono state aggiornate precisando che la possibilità di spostamenti per raggiungere i figli minorenni “è valida anche da un Comune all’altro”.
Soluzione, tuttavia, che continua a non accontentare tutti e arrivano, così, le prime decisione in senso apposto. Il tribunale di Bari, infatti, nel rispondere all’istanza presentata da una mamma collocataria dei figli che ha chiesto al giudice l’autorizzazione della sospensione delle visite con il padre che vive in un altro Comune, ha ritenuto che “gli incontri con genitori dimoranti in Comune diverso da quello di residenza dei minori, non realizzano affatto le condizioni di sicurezza e prudenza di cui ai decreti ministeriali”. La ratio dei decreti, infatti, è quella di contenere il contagio e limitare la veicolazione del virus. E come lo si può contenere se i genitori (e, soprattutto, i figli) due o tre volte a settimana possono spostarsi da una parte all’altra della città se non addirittura da un Comune all’altro?
La decisione del giudice barese precisa, inoltre, a chiare lettere che “il diritto/ dovere dei genitori e dei figli di incontrarsi è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone e al diritto della salute”. Anche perché, il contrario, vorrebbe dire prediligere la possibilità del genitore di incontrare i figli rispetto al diritto alla salute del minore stesso (anzi, al diritto alla salute dell’intera comunità).
Il provvedimento di Bari, quindi, ha dato voce a moltissimi genitori che sin dal primo momento non hanno condiviso la pericolosità delle scelte dello Stato. Tuttavia, al momento, rimane un caso e non la regola. Ecco perché, in questo momento, è importante – più che mai – che le mamme e i papà valutino caso per caso le circostanze, senza applicare in “valore assoluto” quanto indicato dallo Stato. Non è lungimirante, infatti, ragionare nei termini “non è vietato e, quindi, posso farlo”.
di avv. Marzia Coppola
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Studio legale Bernardini de Pace