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Alessandro Melli, le rivelazioni sulla pioggia di Perugia rendono giustizia alla Juve

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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È la foto precisa del processo calciopoli gestito alla rovescia prima dalla giustizia sportiva e poi dalla giustizia ordinaria italiana. Gli attori: il colonello dei carabinieri Auricchio ad indagare e il pm Narducci a chiedere la condanna. Le vittime, a prescindere, i dirigenti juventini, perchè ormai orfani di Gianni e Umberto Agnelli e di Vittorio Chiusano (ex presidente Juventus), tutti morti nel giro di pochi anni l’uno dall’altro. Tutto successe nel lontano 2006. L’avvocato Zaccone (difensore del club bianconero) patteggiò la retrocessione in B della Juvntus e indicando con ciò la colpevolezza dei suoi dirigenti. Affermò infatti di aver letto e ascoltato tutto in una sola settimana. Mentre gli avvocati della difesa impiegarono ben 4 anni e mezzo per ascoltare 170mila intercettazioni. Ovviamente Zaccone fu smentito dalla sentenza sportiva che raccontava: «campionato regolare, nessuna partita alterata». Ma intanto aveva indirizzato i processi : chissà perché...

Ma siccome il tempo è galantuomo, prima la trasmissione Reportdella Rai, adesso Alessandro Melli, ex giocatore del Perugia al tempo del nubifragio del Curi di Perugia-Juventus (14 maggio 2000), hanno provveduto a dimostrare che le colpe addossate ai dirigenti juventini erano ascrivibili a ben altri. Contrariamente alle motivazioni lapidarie della sentenza della Corte d’Appello di quel tempo che, su informativa dei carabinieri, raccontavano di «campionato condizionato». Di accordi illeciti già stabiliti per Perugia-Juventus, che vennero però compromessi dal clamore suscitato dall’arbitraggio apertamente favorevole alla squadra torinese da parte di De Santis nella precedente Juventus-Parma. 

Ma ecco la verità di Melli, che giocò quella partita persa 1-0 dai bianconeri. Queste le sue recenti dichiarazioni: «eravamo salvi mentre la Juventus doveva vincere per conquistare lo scudetto. Gaucci era legato alla Lazio e al Banco di Roma e in settimana ci chiese di fare di tutto per vincere promettendoci un grosso premio se avesse vinto il titolo la Lazio cui era legato da interessi personali. Mentre se avessimo perso ci avrebbe portato in Cina in ritiro. Per cui negli spogliatoi provammo a metterci d’accordo con la Juve per pareggiare così loro sarebbero andati a fare lo spareggio. Ma i giocatori bianconeri non accettarono questa proposta, capitanati da Montero e Davids. Giocammo allora in un campo impraticabile, colmo d’acqua, obiettivamente una sfida irregolare e vincemmo per un episodio, anche perché favoriti dall’arbitro Collina che aveva espulso Zambrotta, reo di essere scivolato su una pozzanghera andando a sbattere su di un nostro giocatore». Queste le parole di Melli che differenziano in maniera sostanziale la realtà di quel momento dal modo di pensare dei giudici di Calciopoli e poi della giustizia ordinaria.

Leggendo queste confessioni di Melli, chissà se Auricchio e Narducci proveranno un po’ di rimorso per aver rovinato volutamente tante persone innocenti. La qual cosa ci porta però a riflettere sul perché “nessuno”, magari anche soltanto per difendere la credibilità della giustizia, abbia provato a far emergere le evidenti contraddizioni tra la realtà e il pensiero colpevolista a prescindere di Auricchio e Narducci.

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