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Disastro azzurro: gli innumerevoli danni di Gravina

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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Amici lettori torno a scrivere del nostro calcio, dopo la fine del disastroso europeo azzurro. Anche perché ve ne avevo parlato ampiamente prima che la nostra nazionale naufragasse su quello scoglio, quasi volesse dimostrare la bontà di quello che vi avevo anticipato.

Per sgombrare però il campo da qualunque ipotesi, favorevole o contraria, pregherei, chiunque mi legga, di non pensare che queste mie considerazioni sull’uomo Gravina siano dettate da odio nei suoi confronti per il pregresso di Calciopoli, quando maturò negli uomini di comando della Figc l’idea di scambiare una battuta per un sequestro di persona (Paparesta). Era solo il fine per poter radiare dai ranghi persone che stavano dimostrando di saper fare e insegnare calcio meglio di tutti e, quindi, era la paura di non poter dare la scalata alla poltrona del comando. Basterebbe ricordare quando nel 2006 l’Italia si laureò Campione del Mondo.

Allora il calcio italiano trionfava e il suo volano era la Juventus che, in tempi grami per la Fiat, si permetteva di dare dividendi agli azionisti di minoranza, grande regista l’mpareggiabile ad biaconero, Antonio Giraudo. Adesso il calcio invece perde e si porta dietro, come scrive Massimiliano Gallo sul Riformista, l’inadeguatezza del numero uno della Federazione, Gabriele Gravina, perché il sistema non ha la forza di espellerlo e preferisce stare lì in attesa del disastro che può anche essere reiterato. Il fallimento dell’Europeo ci ha trovati infatti preparati, un po’ di clamore, poi il silenzio. Ed è quello che vuole Gravina. Stiamo così assistendo ad un calcio perdente ed economicamente disastrato: per due volte azzurri eliminati al primo turno dei mondiali, per due anni addirittura non qualificati. Infine il disastro del recente campionato Europeo.

La speranza è che se ne siano resi conto quelli che “possono”, che ci sia tra di loro qualcuno che vuole veramente bene a questo sport, che abbia la forza di mettere alla porta il nostro “eroe” che non ne vuol sapere di abdicare. Ma anzi, sentendosi in discussione, per evitare critiche fino alla scadenza del mandato (marzo 2025) ha pensato bene di anticipare l’assemblea elettiva al 4 novembre 2024, sperando che le vacanze estive e il tempo facciano scordare i trascorsi negativi, dando intanto a lui il tempo di accordarsi con la Lega dilettanti e farsi rieleggere. Una furbata tipica del soggetto, come una furbata era stata quella di disattendere l’accordo scritto e sottoscritto con Cosimo Sibilia, che doveva succedergli alla presidenza dopo due anni . C’è ne dovrebbe spiegare i motivi, anche perchè Sibilia era ed è pronto al rientro. Per Gravina il calcio è stato una continua passerella, foriera di amicizie magari influenti vedi Ceferin, il Presidente dell’Uefa, che lo nomina addirittura vipcepresidente, e lui ricambia facendo riempire la rosa delle squadre italiane addirittura con 10/11 stranieri in campo. Per limitare i danni avrebbe potuto porre un tetto, senza intaccare la libera circolazione dei lavoratori, permettendo così l’utilizzazione dei nostri giovani.

Lui però si è disinteressato del problema. Per cui i nostri giovani campioni, non potendo scendere in campo con le proprie squadre, non sono stati valorizzati e la nazionale italiana sta facendo brutte figure per questo motivo. Copiare non è mai bello, ma prendere esempio da chi può saperne di più è un dovere: la Spagna è a un tiro di schioppo da noi e lì gioca Yamal un ragazzino di 17 anni. Ma Gravina non ha tempo di pensare a queste cose, considerando il momento non proprio brillante in cui versa il “suo calcio”, la sua priorità è adesso quella di attrezzarsi per essere supportato da personaggi, politici e non, in caso di bisogno: diversi figli “di” stanno già alle sue dipendenze in Figc.

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