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Milan, altro che algoritmi: al Diavolo servirebbe un direttore sportivo

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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Il calcio è una materia appetita da tutti e tutti sono ds in pectore, ognuno con la propria idea da esporre e proporre. Il nuovo Milan di Gerry Cardinale sembra fatto apposta per rafforzare la nostra tesi. È gestito da un amministratore delegato, Giorgio Furlani, uomo di finanza (studi alla Bocconi e Master in Business Administration ad Harvard), tifoso milanista, membro del Cda e manager del gruppo Elliot, che a dicembre ha sostituito Gazidis come Ad e adesso, assieme al capo scouting Geoffreey Moncada, rappresenta la soluzione interna agli esonerati Maldini e Massara. Si potrebbe dire che Furlani ha recitato una parte importante nella risalita economica del Milan, ma il campo e i giocatori sono tutt’altra cosa. Complicato infatti, per un finanziere, parlare di calcio in maniera approfondita e convincente a chi lo pratica: è difficile spesso anche per l’allenatore, figuriamoci per un tifoso come in effetti è lui.

D’altra parte ci sembra logico che Furlani abbia più proprietà di linguaggio quando parla di finanza, quando dice di investire molto sui business per aumentare i ricavi e non dare tutto ai giocatori. Più discutibile il suo operato quando, invece, ha permesso di vendere Tonali, che era la vera forza del centrocampo rossonero. Per questo motivo abbiamo sempre sostenuto che al Milan manchi un direttore generale con carisma riconosciuto nell’eloquio con la squadra, che capisca di calcio, che conosca i libri contabili per meglio amministrare la compra-vendita dei giocatori. Sarebbe questo l’uomo ideale da affiancare a Giorgio Furlani per dare vita ad una sana amministrazione economica e sportiva.

Lunga premessa, questa, per sintetizzare l’errore iniziale di aver portato assieme tanti nuovi giocatori a rinforzare una squadra già forte, generando confusione di ruoli e difficoltà per l’allenatore ad amalgamarli. A meno che questo non sia stato fatto per far dimenticare Maldini e Massara, in caso contrario si dovrebbe sapere che le falle si eliminano poco alla volta e non cambiando radicalmente il volto della squadra a seconda degli algoritmi. Come si sarebbe dovuto sapere che non ci si può affidare in toto all’estro di Leao, il cui rendimento altalenante lascia spesso a piedi chi lo aspetta. Questi potrebbero essere i motivi del percorso talvolta incerto della squadra che ha cominciato bene vincendo a Bologna, con il Toro e contro la Roma. E si gridava al miracolo degli algoritmi di Furlani. Poi la scoppola del derby, quindi una lenta ripresa e una ricaduta pesante a cominciare dalla sconfitta con la Juve, il pareggio di Napoli (dopo il vantaggio di due gol) e per finire la sconfitta interna contro l’Udinese a far gridare a tutti il fallimento degli algoritmi di Furlani. Da qui la contestazione dei tifosi e la loro richiesta di cambiare allenatore che, se ha una colpa, è quella di aver accettato tutto quello che la proprietà gli ha portato. Adesso la vittoria in Champions con il Psg ha comunque ridestato entusiasmo e tutti gridano alla rinascita mentre noi predichiamo cautela perché il Psg lascia giocare, è una squadra che non difende ed ha più attaccanti che centrocampisti. Oggi a Lecce, per vincere, il Milan deve dare l’anima, che però in qualche occasione ha dimostrato di non avere.

Nella sponda interista regna invece l’autostima per essere in testa alla classifica ed essersi qualificata con due turni di anticipo agli ottavi di Champions. A S.Siro arriva il Frosinone, matricola ben guidata dal presidente Stirpe: vediamo i nerazzurri vincenti. Anche la Juve è favorita col Cagliari, come il Napoli contro l’Empoli. Tre partite apparentemente facili che potrebbero però nascondere delle insidie, se prese sottogamba, come probabilmente ha fatto il Napoli contro l’Union Berlino in Champions.

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